Miseria e nobiltà

Alla fine il governo è caduto: a mio parere per tutti i motivi più o meno validi (sicurezza, economia, tasse, eccº), è caduto nel peggiore dei modi. Una raccomandazione carpita attraverso intercettazioni telefoniche che ormai dilagano tra chi è esposto pubblicamente, sia nel mondo dello spettacolo che politico, e che molte volte sono raccolte precedentemente e tirate fuori al momento opportuno.

E così il nostro Mastella, dopo un accorato atto di difesa della propria famiglia, ha deciso, visto anche la scarsa difesa da parte dei suoi alleati di governo, di fare come Sansone: “muoia Sansone e tutti i filistei”. Per il momento si è ritirato nella sua Ceppaloni circondato dall’affetto dei suoi cari, ma quello che più è bello, dall’affetto dei suoi concittadini che, raro caso, lo adorano per quanto fatto per la propria città. In attesa di rientrare alla grande si gode comodamente in poltrona il teatrino della politica. Si vota o non si vota, si vota con la vecchia legge elettorale o con una nuova? Per lui non cambia niente. Riuscirà ancora una volta a tornare ad occupare una poltrona, statene certi! Una volta si diceva: “Francia o Spagna pur che se magna”. Destra o Sinistra per lui non fa differenza, l’importante è esserci continuando a fare quello che fino ad oggi ha fatto, cioè niente. Perché diciamoci la verità: fare politica ai massimi livelli è una cosa estremamente poco faticosa. Lo hanno capito bene quasi tutti i rappresentanti del parlamento o del senato: tanti bei soldini e poco lavoro. Forse mi sbaglio? Beh, qualche grattacapo c’è. Ad esempio rintuzzare gli attacchi nel proprio collegio da parte di qualche avversario del proprio partito che vuole cominciare a far politica. Ho letto proprio in questi giorni, che un noto avvocato, tale Prof. Giampierò Samorì, ha deciso di scendere in campo politico creando “Il Circolo del buon Governo dei Modenesi” di Forza Italia. Ha chiamato a Modena il direttore di Rete 4 Emilio Fede, i senatori Jannuzzi, Bettamio e Dell’Utri, per esporre la sua ricetta al fine di cambiare un po’ di cose in Modena. Apriti cielo, i forzisti che fino all’altro giorno detenevano il potere si sono inalberati denunciando losche trame politiche alle loro spalle. Convocano iscritti e simpatizzanti, definiscono Samorì un perfetto sconosciuto, neanche iscritto al partito. Suvvia, se Samorì non fosse iscritto al partito come farebbe ad essere il Vice Presidente Nazionale dei Circoli del Buon Governo? Ma sarà un indipendente? Non credo che mettano uno sconosciuto qualsiasi in simile posto. A mio modesto parere, seguendo da tanti anni la politica modenese, ci troviamo di fronte al classico rigetto nei confronti di una persona che vuole smuovere l’apatia che si è venuta a trovare in Forza Italia da qualche anno a questa parte. Infatti molti amici non votano più tale partito per una chiara mancanza di dialettica politica all’interno della stessa. Qualcuno ha pensato bene di togliersi qualche sassolino dalla scarpa e ci ha raccontato come funzionava il partito. Tutto teso, tutto proteso, a tenere la distanza da qualsiasi persona che minasse lo stato attuale della dirigenza. Si sono visti i risultati! Calo dei consensi: abbiamo avuto due tornate elettorali comunali e Forza Italia, come maggiore partito all’opposizione, non è riuscito a trovare un candidato decente. Ed ora, che al vertice si sono accorti che qualcosa non va, tuoni, fulmini, lampi e saette. Se non si sfiora la rissa poco ci manca. Una provincia messa sotto custodia da un commissario, l’attuale dirigenza che respinge tutte le accuse. Suvvia signori, un poco di ritegno. Mi rivolgo a Lei, On. Bertolini : “dopo due faticose legislature, più due mandati in regione, non è il caso di prendersi un po’ di riposo e dedicarsi al proprio lavoro? Come Lei ce ne sono altri che dovrebbero staccare la spina e lasciare il posto a gente nuova. Forse inserendo linfa nuova, idee nuove...il partito ne guadagnerebbe!”. Invece di sfruttare l’ingresso in politica di Samorì, che sicuramente porterebbe un valore aggiunto ad un partito che non solo è fermo ma rischia di arretrare, gli si fa la guerra. Suvvia cari lettori non vi sembra una questione di poltrone?
Bertolini and company avranno pensato: “Samorì non viene per migliorare, ma per soffiarci il posto, pardon la poltrona”.
Devo dire che l’addio di Prodi mi ha un po’ rattristato. Fondamentalmente sono un buono e vedere questa persona che ha notevoli problemi a mettersi un casco per sciare in testa, mi fa un po’ pena, figuriamoci a dirigere una baraccone come lo Stato. Infatti, come al precedente tentativo, da buon pugile suonato, ha dovuto lanciare l’asciugamano. Non è riuscito a portare a termine la legislatura che, se non vado errato, passerà alla storia come la più corta dalla nascita della Repubblica. Non gli era andata bene neanche a quella precedente, a metà dovette abbandonare. Ora speriamo che si dia pace e torni nella sua amata Bologna. Ah, dimenticavo: circolano voci che lo vorrebbero sindaco. Auguri Professore.
Faccio un passo indietro. La caduta del professore sembra, non conosco bene il termine di legge, sia dovuta a una raccomandazione. Apriamo una parentesi su questo fatto che a molti sembra una cosa bruttissima, anzi immorale. A mio avviso, da che mondo e mondo, è sempre esistita. E’ il come viene usata che diviene pericolosa. Esempio: se la raccomandazione di una persona, mettiamo in ospedale, serve ad evitare che quel posto vada ad un medico che non distingue un raffreddore da un tumore, ben venga. Se un povero cristo che ha voglia di lavorare non riesce a schiodare un posto a scapito del raccomandato politico che viene solo a scaldare la sedia, ben venga la raccomandazione. Trenta anni fa a Roma durante un convegno parlavo con un giovane rampante sostenendo la necessità di una pulizia morale nella politica. Lui, che aveva la mia stessa età, non era d’accordo e a testimonianza della cosa mi fece vedere il suo portafoglio: c’erano tutte le tessere che contavano. “Non si può mai sapere”, mi disse.
E ora cosa succederà? Salvo imprevisti si voterà in aprile con l’attuale legge elettorale che, come già ebbi a definire, è “cosa nostra”, ovvero delle segreterie dei partiti. Sono iniziate le grandi manovre: gente che va, gente che viene e i micro-partiti sono in ebollizione. Questa volta rischiano grosso se è vero che il PD vuole correre da solo. Io non credo però che Veltroni voglia suicidarsi alla sua prima uscita: anzi vuole dare un segnale nuovo. E’ vero che stando ai sondaggi la Destra ha ben 10 punti di vantaggio, ma se fosse come l’altra volta? La sinistra ha vinto per una manciata di voti e non è riuscita a governare. L’unico che se ne sta tranquillo è il Cavaliere. Il partito sta andando a gonfie vele ha il 29% dei sondaggi a suo favore. Per eventuali nuovi ingressi di fuoriusciti ha creato una porta di servizio con il nuovo partito unico dove già qualche onorevole sta entrando abbandonando il vecchio partito di appartenenza, da cui ha avuto tanto. Ma si sa in politica, e non solo, la riconoscenza non esiste. Si, c’è da limare qualcosa, ma l’abilità stessa del Cavaliere di mediare, può far stravincere il centro destra.
Purtroppo, data la cadenza trimestrale di questo Giornale, ci risentiremo ad elezioni avvenute ma, se qualcuno volesse avere notizie in anteprima, può inviare un e-mail e gli risponderò sulle eventuali novità.

Ho preso in prestito il titolo da una delle più divertenti commedie napoletane, che il grande pubblico ricorda in quanto interpretata da un Totò ai massimi livelli di comicità, per parlare di un argomento che ha tenuto tutti gli Italiani col fiato sospeso verso la fine del 2007, ovvero la richiesta dei Savoia, padre e figlio, di un cospicuo indennizzo da parte dello Stato Italiano per gli anni d’esilio subito.
Avevo già avuto occasione di parlare del Savoia Senior (ovvero Vittorio Emanuele) in un precedente numero e, come già avevo detto, non lo vedevo a capo di una cupola mafiosa. Infatti la maggior parte delle accuse rivoltegli, si sono rilevate infondate. Rimane sempre il problema della caduta di stile per un principe reale. Inoltre, la stessa personalità e certi errori del passato, non lo rendevano certo il massimo per una riscossa monarchica. Del figlio non avevo espresso nessun parere. Ora invece, dopo le sue esternazioni a Porta Porta, e alcune notizie uscite sul suo conto (lasciamo perdere i pettegolezzi), mi devo ricredere. Ahimè, quanto detto per il padre vale anche per il figlio! Poveri Savoia, per fortuna esiste il ramo collaterale degli Aosta!
Ma veniamo ai fatti, mercoledì 21 novembre i giornali riportano la notizia della richiesta di risarcimento danni da parte della famiglia Savoia per l’esilio subito a dire loro ingiustamente. Essi chiedono la bella cifra di € 260.000.000,00 da dividersi: cioè € 170.000.000,00 al Savoia Senior e € 90.000.000,00 al Savoia junior. Per intenderci € 3.000.000,00 grosso modo per ogni anno d’esilio che i due hanno dovuto soffrire, oltre alla restituzione di altri beni confiscati dalla Repubblica nel 1946, dopo il referendum del 2 giugno.
Apriti cielo, i “talebani” della Repubblica si sono subito scatenati. Naturalmente, visto la simpatia dei personaggi, la stragrande maggioranza della stampa ha convinto la maggioranza dell’opinione pubblica della stramberia della richiesta. Da parte loro, i pochi sostenitori monarchici di Vittorio e figlio, perchè come si sa la stragrande maggioranza dei monarchici rimasti è passata con Amedeo di Savoia Duca d’Aosta, hanno dato il “meglio di se stessi” facendosi anche buttare fuori da una trasmissione televisiva. Ma vediamo con pacatezza e serenità di dare una ragione storica, se esiste, alla richieste dei Savoia condite da qualche pillola di storia. Fin dalla notte dei tempi ogni governo che si sostituiva alla guida di uno stato sia che fosse Monarchico o Repubblicano, la prima cosa che faceva era quella di sterminare la famiglia dell’opposta dinastia. Se qualcuno sopravviveva aveva solo la strada dell’esilio e naturalmente la confisca di tutti i beni che venivano incamerati dal vincitore. Col passare degli anni tale norma, nel bene e nel male, con qualche variante è rimasta pratica del vincitore, tanto è vero che persino nella democratica America, al termine della guerra di secessione i vincitori, e cioè gli Yankees, pensarono bene che per non invogliare i Johnny Rebs nel riprovare a cercare la rivincita, e non potendo mandare in esilio tutti coloro che avevano aderito alla confederazione, pensarono bene di imporre tasse, imposte varie ed addirittura presidi militari, che ridussero i grandi e piccoli coltivatori del sud a svendere le proprie terre cercando fortuna nel West. Tanto è vero che solo da alcuni decenni il sud ha potuto risollevarsi.
Tale comportamento, cioè colpire il vinto sequestrandogli i beni, creò anche il “mito” della Svizzera. Infatti in passato, ma più massicciamente nel periodo dopo la seconda guerra mondiale, tutti i vari dittatori pensarono bene di mettere al sicuro nelle casse del paese sopra citato quanto più denaro potevano rubare alle casse dello stato di appartenenza.
Nel 1946 la Repubblica vinse il Referendum in maniera poco chiara. Non lo dico io, lo dicono ormai parecchi libri di storia e lo stesso medico di Togliatti cita in un suo libro una frase del “Migliore” a tal proposito. Essa fu subito riconosciuta dalle grandi nazioni vincitrici ben contente di togliersi dai piedi un Re che, garante della sovranità dello stato, non avrebbe tanto facilmente lasciato campo libero sulla questione dei territori orientali, vedi Istria e Dalmazia. Nel concedere il Referendum, si badi bene che da parte del Sovrano Umberto II, non si fa nessun accenno ad un eventuale esilio per la parte soccombente, o ad una eventuale confisca dei beni. Fu successivamente che il Re, messo di fronte alla scelta tra subire il ricatto del governo o usare la forza, andò in esilio senza firmare un atto di abdicazione, motivo per cui mantenne le prerogative reali per tutta la vita. Facendo ancora un passo indietro, suo padre Re Vittorio Emanuele III prima di lasciare l’Italia, donò allo Stato Italiano tutta la collezione di monete antiche del valore di svariati miliardi, collezione che non è stata mai esposta in pubblico. Male lingue sostengono che manchino parecchi pezzi rispetto al momento della consegna. Umberto II, lasciando l’Italia, dovette ricorrere ad un prestito perché l’appannaggio della Reale Casa, la famosa lista civica, lui l’aveva già spesa per aiutare i bisognosi che ogni giorno si recavano al Quirinale a chiedere un aiuto. Fu in questo contesto che la Repubblica Italiana emise la norma transitoria che, abbreviando, avocava allo stato i beni dell’ex Casa Regnate. Tale norma che sanciva quello che si può definire un furto, fu pubblicata sulla G.U.N. 298 del 27 dicembre 1947, ed entrò in vigore il 1 gennaio 1948 con effetti retroattivi fino al 2 giugno del 1946. Cosa dire: la Repubblica non faceva altro che continuare una prassi in vigore come sopra detto. Non potendo debellare fisicamente i perdenti dell’opposta fazione gli si impediva finanziariamente di tentare una eventuale riscossa. Il Re non volle mai reclamare o portare in giudizio lo stato italiano, o meglio la classe politica che aveva emanato tale legge, anzi volle che questa ingiustizia fosse ben chiaro alla luce del sole. Inoltre lo Stato Italiano rimediò una ulteriore figuraccia quando tentò di entrare in possesso della polizza assicurativa relativa all’assassinio di Umberto I, che era depositata in Inghilterra, perdendo la causa. Concludendo, ritengo che ci possa essere qualche probabilità che i Savoia ottengano una parte di risarcimento, ma solo per quello che riguarda Umberto II. In cambio annoverano una ulteriore brutta figura perché i soldi che riceveranno non sono dello Stato, ma sono quelli di milioni di cittadini italiani che versano sotto forma di tasse e che in questo momento, già così problematico, dovrebbero sborsare. Cosa dire della restante famiglia? Mi riferisco al Duca d’Aosta che un sondaggio televisivo ha preferito a Vittorio Emanuele con la percentuale del 68%. Non sarebbe il caso che fosse il Duca d’Aosta a chiedere i danni a Vittorio e figlio per salvaguardare il cognome che porta.

Aspettiamo come al solito uno Zar che ci liberi da tutto questo.

 
 
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