Il sufismo nell’arte

L’ARTISTA WIJDAN INIZIA A DIPINGERE SIN DA GIOVANISSIMA; MA É SOLO DOPO LE DIMISSIONI DALLA CARRIERA DIPLOMATICA NEGLI ANNI SESSANTA CHE SI DEDICA SERIAMENTE ALLA PITTURA.

UNICA


Si hanno le prime rappresentazioni calligrafiche assieme ai temi della natura negli anni ottanta, ma é durante gli anni novanta che Wijdan si accosta ai temi del Sufismo. L’essenza dell’arte di Wijdan é situata nel taglio alla sommità degli stili calligrafici moderni nelle arti visive che incorporano le idee contemporanee ed i mezzi dell’occidente. Si assiste al tentativo di cogliere l’essenza profonda della relazione tra gli esseri umani e l’ambiente circostante in modo “sufistico”: Wijdan vive uno stato perpetuo di amore con il mondo, con la gente, con la bellezza, con la natura e con l’amore stesso. “Nel mio terzo vernissage a Roma mostro l’amore con il colore ed il tratto. Continuo ad ispirarmi all’idea Sufi che dice: Tu sei Me che esprime l’unità tra colui che ama e colui che è amato, che sia Dio, una persona oppure la  natura. Credo profondamente che i Sufi abbiano raggiunto la più alta forma di amore attraverso la loro completa accettazione del tutto senza vedere alcuna differenza di fede, natura, apparenza, debolezza o forza”.  Dunque per Wijdan  la parola amore non si riferisce al sentimento tra due persone come in tutte le narrative “antropocentriche” che sono fonte di guadagno (non solo nel mondo “occidentale”). Wijdan è un’artista calligrafica, non una calligrafa, ragione per cui ella ama lavorare ai due livelli delle parole forma e significato. I colori brillanti ed il loro modello sostengono il testo (pagine di grammatica araba o poesie scritte in arabo) in una combinazione peculiare e inaspettata; così anche il testo sembra evocare l’energia materializzata da forme e colori. La perfetta armonia tra questi elementi é solo una delle tante espressioni di amore come descritta nella dottrina Sufi. E l’artista risponde in esclusiva per Profilo Donna Magazine ad alcune domande... Qual è la chiave di lettura che riconduce il sufismo alla sua arte? «La mia arte é basata sull’amore che i Sufi propagano e credono. L’amore non porta al Sufismo, ma celebra l’amore Sufi per una ragione molto importante secondo me: quella dell’accettazione dell’ “altro” così come egli/ella é, senza restrizioni o alcuna domanda».   Quindi la massima espressione dell’artista deve essere un’opera in cui tutti possono percepire quell’amore che ci fa sentire parte dell’universo... «Si, in quel caso l’artista é riuscito a fare qualcosa di molto bello».   L’artista in questo caso diventa lo strumento fondamentale per elevarsi spiritualmente.. «Se l’artista riesce a “elevare” spiritualmente colui che guarda l’opera dunque il suo lavoro può essere considerato come una atto divino!»

Inaugurazione 8 giugno ore 18.00
La mostra rimarrà aperta per circa un mese al
Museo di Roma Trastevere Piazza Sant’Egidio 1B – 00153 Roma
Tel. 065899359 – 065813717


Cos’è il sufismo
L’essenza del Sufismo è la Verità, la definizione del Sufismo è l’esperienza e la realizzazione disinteressata della Verità. Il metodo del Sufismo è l’intenzione e la determinazione ad andare verso la Verità con i mezzi dell’Amore e della devozione. Questa pratica ha per nome Tariqat, la via spirituale o il Cammino verso Dio. Il Sufi è l’innamorato della Verità; è colui che per mezzo dell’Amore e della devozione, va verso la perfezione di cui tutto il mondo è realmente in cerca. Come lo necessita la dignità dell’Amore, il Sufi si distacca da tutto fuorché dalla Verità Reale. Per questa ragione è detto nel sufismo che: “Coloro che sono interessati all’Aldilà non possono dare importanza al mondo materiale. Alla stesso modo, coloro che sono coinvolti nel mondo materiale non possono essere interessati all’Aldilà”. Ma il sufi (per la dignità dell’Amore) è incapace di occuparsi dell’uno o dell’altro di questi due mondi. Questa stessa idea è espressa da Shebli che diceva: “Colui che muore per amore del mondo materiale, muore da ipocrita. Colui che muore per amore dell’aldilà muore da asceta. Ma colui che muore per Amore della Verità muore da Sufi”. Il sufismo è una scuola di realizzazione etica mediante illuminazione interiore e non mediante ragionamenti intellettualistici; implica rivelazione, testimonianza e non logica. Per Etica si intende la morale che trascende semplici convenzioni sociali; un modo di essere che è la realizzazione degli Attributi di Dio. Spiegare cosa è la Verità non è facile. Le parole limitate come sono, non potranno mai esprimere la Perfezione dell’Assoluto, dell’Illuminato. Così in coloro che sono imperfetti nascono dubbi e smarrimenti. Ma se non si può esaurire l’acqua dell’oceano, vi si può almeno smorzare la propria sete. I filosofi hanno scritto innumerevoli volumi e parlato senza fine della Verità, ma senza essere esaurienti. Per cui vedono solo una parte dell’Assoluto e non l’Infinito nella sua globalità. A tale proposito ricordo la famosa storia, raccontata da Rumi, di un gruppo di Indù che non avevano mai visto un elefante. Un giorno, giunsero in un luogo in cui ce n’era uno. Nell’oscurità completa si avvicinarono all’animale e ognuno, dopo averlo toccato, descrisse ciò che pensava di aver percepito. Naturalmente le descrizioni erano diverse. Coloro che avevano toccato la zampa dell’animale, pensavano fosse una colonna. Altri, che avevano toccato l’orecchio, dissero che era un ventaglio, altri ancora lo definirono dalla proboscide e così via. Ciascuna delle descrizioni corrispondeva esattamente alle diverse parti che ognuno aveva toccato, ma la realtà dell’insieme era ben lontana dai singoli concetti. Se avessero avuto una candela, le divergenza di opinioni non sarebbero emerse. La luce avrebbe rivelato nel suo insieme l’elefante. E’ soltanto con la luce della Via spirituale e della Via mistica, che la Verità può realmente essere conosciuta. L’individuo deve divenire testimonianza della Perfezione dell’Assoluto, perché possa vedere con la vista interiore di chi percepisce la Realtà nella sua interezza. Questa testimonianza si manifesta quando si diventa perfetti, cioè quando si perde la propria esistenza parziale nel Globale. Se il tutto può essere paragonato all’Oceano, e la parte a una goccia, il sufi dice che è impossibile vedere l’Oceano con l’occhio della goccia. Tuttavia, quando la goccia si confonde con l’Oceano, può vedere l’Oceano con l’occhio dell’Oceano..

 
 
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