Deanna Ferretti Veroni (PD ‘08) si è sempre definita “la tecnica al servizio dello stile” e la capacità di saper interpretare e trasformare in realtà i sogni degli stilisti l’hanno resa celebre nella sua terra ma soprattutto nel mondo.
La sfida di Deanna inizia nel 1964 quando a Reggio Emilia comincia l’attività di creatrice di maglie nel suo laboratorio Confezioni Deanna. Presto il laboratorio cresce e nel 1971 si trasferisce a San Martino in Rio dove fonda insieme al marito il maglificio Miss Deanna Spa.
In quegli anni cominciano le fortunate collaborazioni con i maggiori creatori di moda che andavano ad affermarsi sul mercato italiano e internazionale e negli anni Settanta si consolidano in importanti collaborazioni.
Tra le più significative si ricordano Kenzo, Krizia, Giorgio Armani, Yves Saint Laurent, Max Mara, Enrico Coveri, Joseph e Valentino.
Nel 1981 inizia la diffusione al dettaglio di marchi propri e su licenza di stilisti italiani e stranieri.
Oltre all’Europa raggiunge Stati Uniti e Medio Oriente.
Negli anni Novanta oltre alle consolidate collaborazioni, la curiosità di Deanna di cimentarsi nella sperimentazione la porta a scegliere di lavorare con nuove generazioni di stilisti tra i quali Martin Margiela, Neil Barrett, Laureen Steele, Antonio Marras.
Nel 2001 l’azienda è ceduta al gruppo Giorgio Armani Spa e continua la sua attività con il nome Deanna.
Nel 2004 alcuni spazi del maglificio Miss Deanna sono stati trasformati in Modateca Deanna, Centro Internazionale Documentazione Moda, progetto unico nel suo genere ideato dalla figlia Sonia Veroni. Parte dell’azienda tessile è diventata un centro di studi e ricerca sul knitwear di portata internazionale: un archivio storico di oltre 25mila prototipi, oltre 3mila riviste e circa 6mila volumi di moda, costume, fotografia, arte, arti tessili e di artigianato dall’Ottocento a oggi, a disposizione per essere consultati da studenti, ricercatori, professionisti e addetti ai lavori.
Oggi Deanna Ferretti Veroni si dedica in modo particolare ai giovani, mettendo a disposizione la sua esperienza e conoscenza insegnando nelle scuole di moda, nelle università in Italia e all’estero. Viene chiamata a valutare il lavoro dei giovani stilisti nei concorsi di moda nazionali e internazionali più prestigiosi fra i quali Who’s the next con Vogue Italia, ITS International Talent Support Contest a Trieste, Riccione Moda Italia.
Collabora con Alta Roma, per promuovere giovani stilisti ed è responsabile di progetti di moda e solidarietà.
È stata insignita dell’onorificenza di Ufficiale Commendatore della Repubblica e di Grand Ufficiale.
È presidente del Soroptimist Club di Reggio Emilia.
Signora Ferretti Veroni, quali sono le principali attitudini che l’hanno accompagnata lungo i 40 anni della sua attività?
«Il non fermarsi mai, la curiosità, il mettersi sempre in discussione.
Oggi il mio ruolo non è più strettamente nell’industria ma nel mettermi a servizio degli altri, gli studenti, giovani creatori e nuova impresa, perché credo sia molto importante trasmettere l’esperienza e le conoscenze sviluppate in molti anni di attività».
Ha collaborato con i maggiori stilisti al mondo, quali sono le intuizioni che l’hanno affascinata di più?
«Sono davvero tantissime. Il primo che ho incontrato è stato Kenzo, con lui ho lavorato per vent’anni. In sé univa oriente e occidente, sia attraverso i colori che attraverso le forme e lo stile che richiamava il suo paese d’origine. È un pioniere, un grande creatore che ha fatto del colore il suo cavallo di battaglia, che ha trovato il successo già negli anni Settanta a Parigi dove non vedevano di buon occhio nessun creatore che non fosse indigeno. Un altro creativo che mi ha affascinato e che ho voluto seguire e sostenere è Martin Margiela. Mentre Kenzo è colore, Margiela è l’inconsueto e il concettuale, è raffinatezza: due filosofie completamente differenti ma entrambe così affascinanti. Ho collaborato con personalità diversissime ma da ognuna ho tratto un’esperienza nuova: con Krizia per esempio la ricerca e la creatività erano espresse soprattutto nella stampa, mentre con Valentino tutto era gioco di proporzioni, caduta perfetta».
È stata chiamata “regina del tricot” perché dice che “tutto è tricotabile”: che cosa intende?
«Tricot non è altro che il termine “maglia” in francese. Significa che si può intrecciare tutto ciò che si riesce a rendere in strisce, cordoni e in fili o comunque di forma circolare: la paglia, la corda, la rete da pesca, anche alcune armature erano un tricot di fili. È naturale, poi, che alcune cose possono essere indossate e altre no. Per esempio possiamo intrecciare dei fili di rame, ma una maglia di questo genere sarà difficilmente indossabile giornalmente. Però rappresenta un mood, un’idea che può portare a qualcosa di nuovo. La base fondamentale di questo lavoro sempre in evoluzione risiede nella ricerca».
Insieme a sua figlia Sonia Veroni, creativa e determinata, gestisce ‘Modateca Deanna’: che tesoro è racchiuso nei vostri 2mila metri quadrati?
«È il lavoro di un’azienda, di una vita. Sono custodite le collezioni di Miss Deanna, tutte le ricerche che ho fatto, in un certo senso è contenuta la storia della moda e in particolare della maglieria dall’inizio del secolo scorso a oggi. La continuità però di Modateca non sono io, è mia figlia Sonia, è lei il motore di quest’azienda ed è lei che ha avuto l’idea di valorizzare il retaggio. Dopo la cessione al Gruppo Armani, quando ha visto tutto il materiale che era nell’archivio di Miss Deanna è letteralmente impazzita: non si poteva ignorare».
Avete contatti in tutto il mondo, da Parigi a New York a Tokyo: quanto è importante per il creativo toccare con mano il filo da cui potrà nascere una nuova linea di moda?
«L’opportunità sta nell’essere al corrente di ciò che si è fatto. Più conosci più vai avanti, hai una panoramica di quello che si è fatto e da cosa nasce cosa. L’idea che ti viene magari è già stata concretizzata da altri dunque la devi modificare oppure si può riprendere e migliorare. Avere un archivio storico: è questo che ti dà una visione. Per fare quattro collezioni in un anno è molto importante per il creativo avere l’idea di dove si può arrivare con un filo. L’importanza di Modateca risiede proprio in questo: il giovane, lo studente, il creatore ha la possibilità di vedere in un unico luogo una parte della storia della moda, le soluzioni già create, quelle che può modificare e quelle che sono un potenziale. Questo lato dell’archivio affascina molto gli stilisti».
La moda riflette lo stile di vita, in quale direzione stiamo andando?
«Penso che il comfort legato alla ricerca di materiali nuovi che rispettino l’ambiente siano le parole chiave in questo periodo storico.
La moda da sempre anticipa o cavalca i trend non ancora troppo popolari e in questo spirito esistono talmente tanti tipi di donne che l’offerta sul mercato è ampia per questo motivo. I clienti acquistano in base ai propri gusti, ma anche alle proprie esigenze e agli ambienti che quotidianamente frequentano. Il lavoro dello stilista consiste nel capire il cliente che ha davanti creando un abito e delle suggestioni adatte alle sue esigenze, cercando di allargare al massimo il proprio bacino d’utenza e, quindi, vestire più clienti possibile».
Quali sono i consigli e le sue indicazioni ai giovani a cui fa formazione?
«Fare molta esperienza, non avere fretta. È un mestiere difficile e serve tanta umiltà perché non si è mai arrivati. Per gli studenti è importante “fare bottega” a fianco di professionisti per migliorarsi e continuare ad apprendere è fondamentale. Una scuola per quanto prestigiosa non può dedicare tutto il tempo ai laboratori e spesso i giovani si trovano lontani dalle reali esigenze del mestiere. Presso Modateca teniamo corsi di formazione dove insegniamo la maglia anche a studenti di scuole professionali».
Chi sono i migliori creativi? Quali sono le caratteristiche che fanno la differenza?
«Credo che ognuno abbia le proprie caratteristiche. Ho delle preferenze, certo, ma noi donne siamo così diverse l’una dall’altra che non si può generalizzare. Proprio perché i gusti e le preferenze sono tante l’offerta è altrettanto vasta. Per un cappotto preferisco Max Mara, per una mezza sera Marras, per l’abito da gran sera andrei da Valentino... Ho già citato tre stilisti differenti! Dunque è soggettivo e dipende anche dal portafoglio. Il mio sogno è stato sempre quello di farmi abiti su misura “alta moda”: cancellano i difetti e sono unici. Ma, appunto, è un sogno».
Ha scelto come tema prioritario del suo mandato al Soroptimist Club il ruolo delle donne nella società. Come lo sta affrontando sul territorio?
«Quando si prende la presidenza è consuetudine fare un percorso sulla propria attività perché si hanno più contatti nel proprio settore, però non volevo impostare il mio mandato biennale completamente sul mondo della moda. Il Soroptimist è composto da donne di grande professionalità e mi sono proposta di fare lavorare le soroptimiste perchè ritengo fondamentale che siano loro a far conoscere il loro mondo, la loro professione. Organizzo eventi ma voglio che ognuna di esse proponga la serata in base al proprio lavoro e sui temi che condividiamo: l’educazione, l’arte, la solidarietà, la conoscenza di altri paesi e culture, temi d’attualità, in uno spirito di squadra. Le iniziative e gli incontri a tema che promuoviamo sono aperti al pubblico adulto, ma cerchiamo di arrivare anche ai più giovani».