intervista di Laura Villani e Cristina Bicciocchi - foto Mauro Davoli, Guido Harari e Claudio Porcarelli
Scrittrice e pittrice pakistana. Si sposa in seconde nozze con Mustafa Khar, ricco e potente politico del governo pakistano, uomo che nel privato si rivela subito violento. Nonostante quattro figli, chiede il divorzio e nel 1991 pubblica “My feudal Lord” (ed. italiana “Schiava di mio marito”), racconto autobiografico tradotto in moltissime lingue che rompe il silenzio delle donne pakistane che subiscono violenze fisiche e psicologiche nella vita domestica. In seguito crea “Ana Hadjra Labaek”, movimento internazionale per le donne musulmane, scrive il racconto “Empietà” e il libro sulla vita del filantropo pakistano Abdul Sattar Edhi, “L’impero del bene”. Nel 2002 in occasione della mostra Futurshow Design ha rappresentato la sua visione del futuro con l’installazione, ora collezione permanente Idee in Fabbrica a Bologna, “Children’ and women are the future” dove una mamma pakistana stringe a sé un bambino di religione musulmana, uno cristiano e uno ebreo che leggono insieme Corano, Vangelo e Bibbia. La Durrani crede infatti che il superamento delle barriere di religione sia un ideale da perseguire anche grazie alla riscoperta della figura di Ana Hadjra, moglie di Abramo e sepolta accanto a Maometto, donna che ci aiuta a superare implicitamente le divisioni: da Abramo discendono infatti le tre religioni monoteiste. Questa rivalutazione della figura femminile è un modo perchè la donna, anche in quanto madre e educatrice, acquisisca un ruolo sempre più incisivo di pacificatrice e diventi colei in grado di indicare la strada per il futuro del mondo. Attualmente, sposata con il Primo Ministro del Pakistan Shehbaz Sharif, ricopre il ruolo di First Lady ed è particolarmente attiva con la Durrani Foundation di cui è Presidente.
Tehmina Durrani è un personaggio di fama internazionale che è diventato un‘emblema per il ruolo che la donna può e deve avere in una società quale il Pakistan ma anche nel resto del pianeta. Ci siamo conosciute e abbiamo scoperto profonde affinità culturali, artistiche, sul ruolo spesso negato della donna e sulla possibilità di creare un dialogo tra religioni monoteiste cattolica, mussulmana ed ebraica che va sempre più coltivato.
Il libro My feudal Lord, pubblicato in Italia con il titolo “Schiava di mio marito”, con le innumerevoli traduzioni che l’hanno resa famosa a livello planetario, ha rappresentato un modo per far capire come anche in ambienti privilegiati come il suo, possa esserci la violenza sulle donne. Il libro voleva essere un modo per lottare per le altre donne nell’acquisire i diritti di poter lasciare un marito violento e trovare le adeguate tutele legali.
A distanza di anni dalla pubblicazione che venne accolta come una bomba nella sua famiglia e nel suo Paese ha avuto l’effetto da lei sperato?
Tutti gli atti rivoluzionari nascono da un’ingiustizia e di fronte all’ingiustizia si è pronti ad affrontare anche l’idea di mettere in pericolo le sicurezze della propria vita e My Feudal Lord portava a rompere tutte le barriere e l’ingiustizia mi ha fatto affrontare un lungo periodo di interruzione dei rapporti con la mia famiglia, un prezzo molto alto che mio padre ha pagato al feudalismo che è un’attitudine, un diritto acquisito che coinvolge anche i figli.
Lei che coraggiosamente si è battuta perchè alle donne e ai bambini venissero riconosciuti diritti ritenuti inalienabili, come legge la situazione attuale?
La situazione è cambiata perché le donne stanno cambiando mentre gli uomini che hanno una posizione di privilegio fanno spesso resistenza al cambiamento.
Le madri devono spiegare alle bambine che sono diverse ma che sono spiritualmente uguali in modo che possano crescere con questi principi.
Se il futuro è donna o non è, se la donna è l’unica che può avere un ruolo efficace di mediatrice dei conflitti e, come da secoli protegge la propria creatura, di difesa contro la distruzione del pianeta, la donna è quindi la chiave per un futuro di pace e armonia che veda il superamento delle barriere geografiche e di religione che dividono i popoli e che gli uomini spesso non sanno affrontare se non ricorrendo alla forza brutale della violenza e della guerra. Vede con un certo ottimismo questo futuro?
La donna è colei che promuove il cambiamento.
Quello che ho voluto fare nella mia vita e nel mio lavoro è stato quello di creare consapevolezza (awareness) e di porre alcuni semi che potevano produrre frutti nel tempo.
Queste idee innovative che l’hanno vista paladina sono finalmente maggiormente condivise nei vari ambiti della società?
In certi casi si diventa paladini del cambiamento quando ci si trova senza un supporto che può condizionare le scelte, l’aver tagliato questi legami mi aveva dato questa libertà e questo coraggio. C’è voluto molto tempo ma la nuova generazione vuole cambiare e anche la nuova generazione maschile ha capito che questo cambiamento è necessario. Hanno capito la consistenza della mia posizione che andava oltre alla mia personale esperienza.
Abdul Sattar Edhi, il fondatore di uno dei più grandi enti di beneficenza pubblici del Pakistan che si potrebbe sintetizzare come la combinazione del livello ascetico di un San Francesco unito alla capacità operativa di un Bill Gates, so esserle particolarmente caro. Ricordo che quando lo invitammo a venire in Italia per la conferenza di apertura del Futurshow gli venne dedicata l’intera prima pagina del Sole 24 Ore e che in Pakistan è diventato il primo pakistano in più di un quarto di secolo dopo il generale Zia Ul-Haq, ad essere onorato con funerali di stato. A lui ha dedicato il volume L’impero del bene per narrare questo straordinario esempio di vita dedicata agli altri. Dare e amare sono le chiavi della vita ad ogni latitudine?
Mr. Edhi ha dimostrato che se le tue motivazioni sono forti si può costruire un impero del bene in qualsiasi campo senza nessun supporto. Certamente Mr. Edhi è stato anche colui che ha saputo riconoscere che il 95% del successo della sua fondazione lo doveva al ruolo della moglie ma per arrivare a questo livello di consapevolezza esteso nei vari ambiti della società ci vorrà del tempo.
Un altra persona indimenticabile ed un’altra battaglia che l’ha vista battersi in prima linea anche in Italia è stata il supporto dato a Fakhra Jounas nel cercare di riparare non solo il bellissimo volto, deturpato dall’acido di un marito violento, ma anche l’anima ugualmente ferita. Forse le ferite erano così profonde che non potevano essere guarite, ma è stata una battaglia importante per denunciare che la cancellazione dell’identità rappresenti un omicidio che la società deve condannare. Si tratta di una battaglia ancora da vincere?
Abbiamo capito che cosa significa questo terribile brutale comportamento ed ora non c’è più silenzio riguardo al terrorismo dell’acido.
Oltre che nella scrittura il suo racconto è anche affidato con grande maestria al pennello dove, attraverso la pittura, narra la delicatezza e bellezza delle donne, raffigurate come rose che possono magicamente crescere dal deserto, e che nell’avvolgerci con il loro profumo inebriante sanno consolare, educare e proteggere dai tanti pericoli i figli, il proprio compagno, ma anche il nostro maltrattato pianeta il cui stato continuamente mette in forse il futuro dell’umanità.
Quali sono le chiavi d’accesso simboliche della sua produzione artistica?.
Molte forme di espressione sono necessarie per uscire dai molteplici confini che imprigionano l’anima. La scrittura e la pittura sono solo due di queste ed io ho sempre trovato impossibile dipingere su cose che non mi toccano profondamente. A questo punto, quando collego i punti di tutta la mia esperienza di vita e di lavoro, riconosco che il mio ruolo è stato di esempio. Tutto ciò che ho fatto è stato realizzato da altre persone per abbracciare ed espandersi per un futuro di Unità Universale. Dare l’esempio è importante per le nostre generazioni future.