Sul sofà di Chicca c'è:
Veronica De Romanis
(PPD 2019)

intervista di Cristina Bicciocchi - foto Contrasto e Corrado Corradi

Nenella Impiglia

Premio Internazionale Profilo Donna 2019 è Docente di Politica Economica Europea. Ha studiato Economia all’Università La Sapienza di Roma e alla Columbia University di New York. È stata membro del Consiglio degli Esperti presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze per oltre dieci anni, occupandosi principalmente di macroeconomia e finanza pubblica. È stata anche responsabile dei rapporti con l’Eurostat, la Commissione Europea, l’Ocse e il Fondo Monetario Internazionale. Attualmente, insegna alla Stanford University (The Breyer Center for Overseas Studies) a Firenze, alla Facoltà di Scienze Politiche e al Master di Business Administration della Libera Università degli Studi Sociali Guido Carli (Luiss) di Roma. Dal 2015, è consigliere indipendente del Consiglio di Amministrazione, è presidente del Comitato Rischi e membro del Comitato Remunerazioni e Nomine della Cementir Holding Spa (Roma). È stata membro del Dipartimento di Economia del Comitato scientifico della Fondazione Einaudi. Dall’autunno ‘17, è Membro del Comitato direttivo dell’Osservatorio Conti Pubblici Italiani presso l’Università Cattolica di Milano diretto dal Prof. Cottarelli. È Membro del Comitato Internazionale dell’International Board di WE Women Empower the World e nel listing di 100esperte.it. Collabora con diverse testate giornalistiche e riviste su temi di finanza pubblica, integrazione europea, politica economica internazionale, mercato del lavoro con particolare attenzione all’occupazione femminile.
Ha pubblicato Il Metodo Merkel, Il Caso Germania e L’Austerità fa Crescere (Marsilio editori).
Buongiorno prof.ssa De Romanis siamo in un momento davvero delicato della nostra storia; causa emergenza sanitaria e lockdown sono stati colpiti non solo la salute, ma anche il settore economico, il mondo del lavoro, la nostra quotidianità. Qual è il quadro attuale della nostra Nazione dopo un anno e mezzo di incertezze e cosa dobbiamo aspettarci per il prossimo futuro?
Questa pandemia è uno shock comune che ha colpito i paesi in maniera asimmetrica. In altre parole la tempesta era la stessa ma la barca per affrontarla no. l’Italia è il paese che ha affrontato questa tempesta con le maggiori vulnerabilità: bassa crescita, debito elevato, disoccupazione giovanile e femminile tra le più elevate della zona euro, produttività stagnante da oltre 20 anni e disuguaglianze. . Per costruire un Paese nuovo, forte, inclusivo e resiliente bisogna risolvere questi nodi strutturali.  La ripresa è in atto. Lo vediamo anche dai dati che arrivano dal mercato del lavoro.
Ma la vera sfida è quella del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. È stato approvato da Bruxelles, ora spetta a noi attuarlo. Mai un governo aveva avuto a disposzione oltre 230 miliardi da investire. Si tratta di “un’occasione imperdibile”, per usare le parole di Draghi.

Purtroppo abbiamo visto che i giovani e le donne sono stati molto colpiti dall’emergenza sanitaria chi per la gestione dei figli e degli anziani, chi per i distanziamenti e lo smartworking; come recuperare il terreno perduto?
La situazione dei giovani e delle donne era già drammatica prima della pandemia. I dati erano chiari (il tasso di occupazione femminile italiano era 14 punti inferiore a quello europeo e il tasso di disoccupazione giovanile il triplo di quello tedesco) eppure le risorse sono state concentrate nel comparto della previdenza (ad esempio quota100) e poco è stato fatto per rafforzare tutte quelle infrastrutture sociali necessarie per consentire alle donne di entrare nel modo del lavoro come gli asili nidi.
La crisi non ha fatto altro che accentuare il problema.
Il PNRR è l’occasione per investire sui giovani e sulle donne. Per i primi il governo ha messo a disposizione oltre 6 miliardi per le politiche attive (600 miliardi per il sistema duale, fondamentale per creare un collegamento tra scuola e mondo del lavoro). Per incentivare l’occupazione il governo punta a raggiungere il 33 per cento di asili nidi grazie a 4,7 miliardi di investimenti. Forse si poteva essere più ambiziosi considerando che la media europea è quasi il doppio.

Finora gli aiuti promessi non sono stati sufficenti (o non sono proprio arrivati) per sostenere una parte importante del mondo del lavoro come i professionisti e le partite iva; questo ha creato un clima di sfiducia e di instabilità. Come mai non si è riusciti a tener conto di questa parte di lavoratori?
Questo è stato sicuramente un problema nella fase iniziale dell’emergenza. Ci sono stati problemi organizzativi ma anche di misure pensate male. Basti pensare a misure come i bonus bicilette o monopattino che non sono certo andati alla parte meno abbiente della società. 

Stiamo uscendo, ci auguriamo definitivamente, dalla pandemia e il premier Mario Draghi conferma che a fine luglio arrivano i primi soldi del Recovery Fund, dove verranno investiti?
Come richiesto dalla Commissione oltre la metà delle risorse andranno alla transizione verde e digitale.
Il resto dovrà essere investito in base alle raccomandazioni che Bruxelles invia ogni anno ai governi.
Per l’Italia, le raccomandazioni sono sempre le stesse: investire sui giovani, le donne, la formazione e attuare le riforme della pubblica amministrazione, della giustizia e della concorrenza. Il PNRR sarà l’occasione per implemetare ciò che fino ad oggi i governi si sono limitati a annunciare ma non hanno mai messo in atto fino in fondo. L’incentivo è forte: senza le riforme si rischia di non ottenere i finanziamenti europei.

Ci auguriamo che i parametri sia di investimento che di rientro dei soldi che ci destina L’Europa, non siano troppo impegnativi rispetto al grande sforzo che tutti gli italiani dovranno fare per far ripartire l’economia del Paese...Quali sono adesso le riforme più urgenti da attuare a livello governativo?
Come dicevo prima, le tre che ha chiesto l’Europa (PA, giustizia e concorrenza) Se implementate l’impatto sul Pil potenziale nell’arco dei prossimi 10 anni dovrebbe essere di circa 3,5 punti percentuali. A queste vanno aggiunte la riforma del fisco e degli ammortizzatori sociali.

Prodi nel 2002 disse che con la moneta unica avremmo lavorato un giorno di meno guadagnando come se avessimo lavorato un giorno di più. Finora l’euro però non ha mantenuto quello che aveva promesso...anzi (pandemia a parte) la situazione era critica anche prima... Secondo lei, le politiche economiche europee, dovrebbero essere riviste alla luce dell’esperienza attuale?
Mai come in questa crisi Le istituzioni europee sono scese in campo in maniera cosi rapida e con strumenti cosi potenti. La BCE con il programma di acquisti pandemici (PEPP) e la Commissione europea con un pacchetto si strumenti  per l’emergenza (i prestiti Mes per l’emergenza sanitaria, quelli del Sure per l’emergenza sul mercato del lavoro e quelli della Bei per le imprese) ma anche per la ricostruzione con il Next Generation.
È stato anche cambiato il quadro normativo con la sospensione delle regole fiscali europee (il Patto di Stabilità e Crescita) e con quelle sugli aiuti di Stato. Difficile in un contesto simile non essere europeisti! 

Quali potrebbero essere quindi alla luce dei cambiamenti economici in atto, i prossimi equilibri geo-politici in un mondo sempre più globalizzato?
La pandemia ha mostrato quanto il mondo sia sempre più globalizzato. Stanno cambiamo le relazioni tra Cina e Stati Uniti e tra Stati Uniti e l’Europa.
I prossimi equilibri, tuttavia, dipenderanno da questi nuovi rapporti, dall’evolversi della ripresa economica ma anche e soprattutto da come evolverà il virus. E qui entrano in gioco anche i comportamenti di tutti noi.

 

 
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