Giustizia e Rappresentanza di Genere

CAMERA DEI DEPUTATI
NUOVA AULA DEI GRUPPI PARLAMENTARI
21 MARZO 2022 ORE 15.00–19.00

A cura dell’Avv. Cristina Rossello

Il 21 marzo alle ore 15.00 si è tenuto il convegno Giustizia e Rappresentanza di Genere organizzato con AITRA Associazione Nazionale Trasparenza e Anticorruzione nella Nuova Aula dei Gruppi Parlamentari della Camera dei Deputati. Il focus del convegno è stato incentrato sul problema della sotto rappresentanza di Genere nella Giustizia e sulla necessità e importanza di un riequilibrio del genere meno rappresentato.
A introdurre il tema Florinda Scicolone, Consigliere Direttivo e Responsabile Relazioni Istituzionale AITRA, Giurista d’Impresa.
Intervento AVV. Florinda Scicolone,
Consigliere Direttivo e Responsabile Relazioni Istituzionali AITRA
AITRA Associazione Italiana Trasparenza e Anticorruzione oggi ha voluto dedicare un momento di confronto intitolandolo: Giustizia e Rappresentanza di Genere perché in Italia quando si pensa alla tematica rappresentanza di genere nello scenario collettivo si ha la convinzione che sia solo un favore alle donne. La questione della Rappresentanza di Genere non è una questione che interessa solo le donne, ma è una questione che interessa la democrazia. Fino a quando non sarà superato il gender gap in determinate istituzioni delicate, decisionali e importanti come il potere giudiziario, il potere esecutivo, gli scranni del parlamento ci sarà un vulnus nella democrazia. Solo una completa rappresentanza di genere negli organismi delicati potrà fare realizzare la democrazia perché i cittadini sono formati da donne e uomini quindi è necessario un riequilibrio tra i generi per il bene della società e della democrazia.
Quanto appena affermato non lo dice AITRA, ma lo ha affermato GRECO Gruppo Stati europei contro la corruzione in due Conferenze storiche intitolate “Gender Dimensions of Corruption” che hanno avuto luogo a Praga nel 2013 e a Strasburgo nel 2015. Infatti, dalle conferenze GRECO è emerso che il prerequisito della lotta alla corruzione e della lotta alla trasparenza passa pure dall’uguaglianza di genere in determinati ruoli della cosa pubblica.
Inoltre, in un documento di lavoro pubblicato nel 2010 Tasparency International intitolato “Corruption and Gender in Service Delivery: The Unequal Impact” ha evidenziato che a fronte dei fenomeni corruttivi, le donne tendono ad essere sempre sottorappresentate nei ruoli dell’amministrazione pubblica e nei ruoli decisionali. Il documento in questione pertanto evidenzia come la sottorappresentanza delle donne nei ruoli decisionali dell’amministrazione pubblica esclude di conseguenza queste ultime dell’essere parte importante nella lotta alla trasparenza e alla corruzione.
Necessità pertanto un riequilibrio di genere sia nella Governance privata e l’obiettivo è stato centrato a questo riguardo dalla Legge Golfo-Mosca. Adesso necessita estendere il riequilibrio di genere nella Governance pubblica, nella Governance nei settori pubblici come il caso della Magistratura.
In un organismo delicato come il Consiglio Superiore della Magistratura è importante che ci sia l’espressione della rappresentanza di genere. In Italia in organico in Magistratura ci sono piu’ donne magistrato che uomini perché allora non dovrà esserci un riequilibrio di genere nel Csm.
Ringraziamo l’Onorevole Cristina Rossello che nel 2018 ha presentato questo importante Progetto di Legge di cui è stata prima firmataria che ha ad oggetto il riequilibrio delle quote di genere nel Consiglio Superiore della Magistratura. Ringraziamo l’Onorevole Rossello perché porre un riequilibrio di genere in un organo così delicato come il CSM significa compiere un passo per accendere sempre di più la democrazia.
Un Progetto di legge che va sostenuto come espressione di applicazione della democrazia in applicazione dell’art 51 della Costituzione. Art 51 della Costituzione, la cui riforma ricordiamo risale alla legislatura 2001-2006 nella quale vi fu dalle forze di Governo e maggioranza parlamentare di allora un impegno verso la realizzazione della parità di genere. Il Gender Gap è presente in tutti i settori anche del Diritto, come Giurista d’Impresa, categoria professionale alla quale appartengo evidenzio che anche nel mio settore sono poche in Italia donne General Counsel di importanti realtà Società o Gruppi.Da vent’anni mi occupo di parità di genere in Italia e ho pure diretto per molti anni un Dipartimento Diritti Civili delle Donne. L’esperienza di tanti anni mi ha fatto comprendere che in Italia se non vi è un imposizione normativa di concetto di quote di genere meno rappresentato non si accende il cambiamento. Lo abbiamo visto con la Legge Golfo-Mosca per i board dei cda quotate e partecipate e quindi riconosco l’importanza storica del Progetto di legge Rossello che ha ad oggetto il riequilibrio di quote di genere nel CSM perché sarebbe lo strumento normativo necessario per attivare il cambiamento in un organo delicatissimo della cosa pubblica perché riguarda il potere giudiziario.
Come membro della Fondazione Marisa Bellisario amo sempre ricordare la frase storica della Presidente Lella Golfo in merito alla Legge di cui è stata prima firmataria ovvero la Legge Golfo- Mosca. Lella Golfo ha sempre affermato che le quote sono l’antibiotico da somministrare per curare la piaga del gender gap. Quando sarà curato il gender gap non ci sarà piu’ bisogno dell’antibiotico. Bene questo “antibiotico” cioè le “quote” necessitano in ogni settore sia governance private che pubblica, quindi è importante il Progetto di Legge Rossello perché è un antibiotico per curare il gender gap in un settore della cosa pubblica delicatissimo. Soltanto attraverso la somministrazione di questo antibiotico in tutti gli ambiti si arriverà a celebrare la piena democrazia rappresentativa.

Intervento Avv. Irma Conti
Presidente Nazionale Associazione
Nazionale Donne Giuriste Italia
Oltre a ringraziare e portare il saluto di Tutte le socie dell’Associazione Donne Giuriste Italia, unisco l’attestazione di stima nei confronti dell’On.le Cristina Rossello che ha presentato una riforma sull’assetto degli organi giudicanti, non più rinviabile alla luce di ciò che abbiamo avuto modo di toccare con mano e vedere con gli occhi durante la pandemia e nella nostra quotidianità.
Tra uomini e donne abbiamo superato in molte categorie il 50% peccato che siamo ancora assenti, in taluni contesti completamente assenti ai vertici, come abbiamo visto nei comitati scientifici e nelle cabine di regia durante la pandemia a fronte delle numerosissime dottoresse, quei contesti sono stati tutti al maschile.
È emblematico che sia a Codogno che allo Spallanzani siano state le donne ad illuminare la scienza e la medicina per la scoperta ed il contrasto al Covid Sars19, ma non ci sono state donne nei comitati scientifici.
Ictu oculi ciò non corrisponde alla realtà e vanno adottate le contromisure, i correttivi normativi, gli “antibiotici necessari” per rimuovere gli stereotipi che sono virus sistemici.
Abbiamo avuto modo di vedere che i Comitati e le Commissione formate da uomini lo erano perché si richiedeva la partecipazione ai vari Presidenti e/o Direttori dei vari istituti o enti, ebbene, erano tutti uomini.
Eppure abbiamo visto le foto delle dottoresse, delle infermiere, del personale sanitario ed amministrativo tutto ed abbiamo visto la straordinarietà delle competenze, della professionalità, dell’impegno, della costanza, della determinazione, della lungimiranza e della ricerca scientifica, al femminile.
È per questo, in tale contesto, oltre alle innumerevoli doti personali e professionali che le riconosco come donna e avvocata, che porto la mia attestazione di stima alla parlamentare On.le Rossello per il coraggio della proposta di legge che è indispensabile per risolvere la costante sperequazione tra numeri e vertici.
Come dire: lo stereotipo sta al gap come i correttivi normativi stanno al genere.
Noi abbiamo sostenuto il comuni-cato dell’Associazione Donne Magistrate impegnate da tempo sull’eguaglianza di genere al CSM.
Oggi che l’argomento è per una serie di motivi al centro del dibattito politico, la proposta della Rossello pone perfettamente in equilibrio la riforma sull’eguaglianza.
Diversità, inclusione, come vediamo in campo ovunque, dobbiamo vederla anche ai vertici ed ai vertici dei giudicanti.
Esaminando ora il gender gap nell’ambito della professione forense in cui da un lato è possibile concretamente constatare l’evoluzione che ha avuto la condizione della donna e, dall’altro, le problematiche tutt’ora riscontrabili.
Sotto il primo profilo, osservo che dopo anni di lotte, sacrifici e impegno costante che, lungi dal dover essere considerato esaurito, ha contraddistinto e contraddistingue anche oggi il lavoro di molte Colleghe, nel nostro settore sono stati raggiunti risultati importanti.
Oggi si parla giustamente di coraggio, a cui da sempre aggiungiamo impegno e tenacia, queste solo parole chiave che dovrebbero essere prese in considerazione quando si parla delle donne nell’avvocatura dal 1919, quando abbiamo, finalmente, la prima donna avvocato, ovvero la Collega Elisa Comani.
Questo è il punto di partenza. È da qui che è iniziato il lento, ma deciso, cammino verso il riconoscimento dei diritti e delle prerogative che ci spettano di diritto.
La domanda che dobbiamo porci, a questo punto, è la seguente: dove siamo arrivati e quali obiettivi dobbiamo ancora raggiungere? E soprattutto: Che cosa c’è ancora che non va?
Ed è qui che entra in gioco il “gender gap” che, purtroppo, per quanto riguarda l’avvocatura, esiste su più livelli ed utilizzando i dati forniti dalla Cassa Forense emerge la indifferibile necessità di neutralizzare stereotipi e diseguaglianze che rappresentano delle vere fragilità, non delle donne ma del sistema.
Il gap numerico tra gli iscritti si è praticamente azzerato.
Non solo, nelle fasce di età sotto i 50 anni, le donne hanno ampiamente superato gli uomini.
Questo è un dato sicuramente positivo, perché significa che negli studi e nell’accesso alle professioni si è, finalmente, riusciti ad ottenere una parità di condizioni.
Ma è davvero parità? O è solo parvenza di parità?
Sulla carta, infatti, sembrerebbe tutto risolto, ma non è così e la strada è ancora molto lunga.
Ho detto che è necessario partire dai numeri e lo ribadisco. Ma i numeri non sono tutti positivi.
E ciò in quanto, sempre stando alle statistiche pubblicate dalla Cassa Forense al 31.12.2019, al trend positivo registrato nelle statistiche riguardanti le iscrizioni, non corrisponde, purtroppo, un altrettanto positivo trend nei redditi percepiti.
E questa è una cosa che non è grave, ma è inaccettabile.
Le donne, in media, guadagnano la metà dei colleghi uomini.
E questo, ovviamente, a parità di condizioni, di lavoro, di attività. E senza considerare gli impegni che le donne possono avere in ambito familiare e come madri. Ma non voglio nemmeno aprire la discussione su questo aspetto, ovviamente estremamente rilevante, che necessiterebbe però una trattazione ad hoc. Anche perché, fermandoci all’ambito della maternità, si dovrebbe considerare che, in quanto libere professioniste, agli avvocati donna non viene garantito il diritto alla maternità come le lavoratrici dipendenti, ma solo un’indennità dalla Cassa Forense che è parametrata rispetto al reddito e che copre, sostanzialmente, tre mesi e non il periodo della gravidanza che, ovviamente, può essere anche a rischio. Ma, come dicevo, evitiamo di approfondire l’argomento che richiederebbe altri spazi.
Lo stesso gap salariale è, inoltre, riscontrabile a livello previdenziale con le medesime, sconfortanti, proporzioni. Ovviamente, guadagnando di meno, si versano meno contributi che comportano una pensione proporzionalmente ridotta. Pertanto, dalle statistiche appena esaminate, le Avvocate hanno una prospettiva negativa anche per la sicurezza economica futura.
Sono partita dalla mia esperienza, dal mio settore perché, come ho accennato in precedenza, lo ritengo un perfetto esempio degli aspetti positivi dell’affermazione delle donne nella professione, ma anche, purtroppo, di quelli negativi, prettamente di natura economica.
L’esempio è calzante perché il gender gap presente nell’Avvocatura è lo specchio della situazione ravvisabile nel nostro Paese e, in proporzione, anche in Europa. Ma se nell’Avvocatura, per fortuna, le disparità più rilevanti attengono soprattutto alla dimensione economica a livello nazionale ed europeo, tali differenze hanno un pesante impatto anche su altri determinanti settori.
Queste statistiche assolutamente impietose fotografano, tra l’altro, un dato che non era ancora influenzato dall’attuale emergenza sanitaria che ha aggravato ulteriormente la situazione delle donne sotto tutti i profili.
Ed ora più che mai, un legislatore attento alla politica di genere è ben consapevole che è il presupposto indispensabile per lo sviluppo di una politica sociale ed economica.
Si tratta di obiettivi importanti, sicuramente non facilmente raggiungibili e la corsa al 2030 è stata sicuramente rallentata dall’attuale pandemia, ma non possiamo non affrontarlo con il coraggio di tante per una piena ed effettiva parità di genere. Come Donna, Avvocata, Consigliere dell’Ordine degli Avvocati e Presidente dell’Associazione Donne Giuriste Italia ho anche il dovere di proporre soluzioni onde evitare di sentirmi parte del problema. Si tratta di soluzioni concrete, perché purtroppo il divario di genere è estremamente reale e tangibile ed allora affido oggi alla On.le Rossello la nostra proposta: affidare incarichi da parte di società pubbliche e private, enti pubblici e privati, confrontando e valutando due curricula: di un uomo ed una donna e scegliere il migliore o la migliore.
Ed ancora, una corretta alternanza uomo – donna tra i migliori di ambo i sessi.
Concedere benefici fiscali per le donne impegnate tramite baby sitter, badanti, collaboratori domestici, nella cura delle persone e della casa e per colmare la necessità di servizi indispensabili.
Per questo è oggi più che mai essenziale una legge che preveda che le amministrazioni, i consorzi, gli enti pubblici economici e le autorità di sistema portuale, le società partecipate da pubbliche amministrazioni, nonché le società che emettono azioni quotate in mercati regolamentati ovvero strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati in mercati regolamentati, nell’affidamento degli incarichi professionali adottino criteri che assicurino l’effettività della parità di genere, anche attraverso l’adozione di adeguati meccanismi di alternanza.
Questi sono i primi passi che devono essere svolti oggi, nell’immediato, senza attendere oltre. Abbiamo la strada spianata dalle lotte di chi ci ha preceduto e che ancora è determinante per la questione di genere, ma non dobbiamo fermarci, non possiamo pensare di aver raggiunto traguardi invalicabili e dobbiamo cercare di raggiungere, entro il 2030, almeno alcuni dei principali obiettivi previsti dal goal 5 dell’agenda del 2030.
E ciò nell’interesse di una ricostruzione reale e duratura e per un Paese sostenibile, trasparenze e meritocratico.

Intervento dell’On. Avv. Rossello
Nel 2021 il settore della giustizia è stato caratterizzato da interventi ispirati ai princìpi costituzionali:
-il principio della ragionevole durata del processo, sia in sede civile che in sede penale, che si coglie nelle riforme della procedura civile e della procedura penale.
Il principio della presunzione di innocenza, che abbiamo colto nel recepimento della direttiva europea; un approccio al tema del carcere più umano ed ispirato al principio della rieducazione del condannato, anziché a quello della espiazione punitiva.
Invece sul tema dell’ordinamento l’impegno per la riforma del Consiglio superiore della magistratura, la terza delle grandi riforme, è in drammatico ritardo.
Dopo il caso Palamara, lo scandalo della cosiddetta “loggia Ungheria”, i libri verità di Sallusti, il caso della più importante Procura del Paese, quella di Milano all’uscita - dopo un ventennio - di Francesco Greco con le vergognose guerre interne e le terribili intercettazioni telefoniche lasciano attoniti.
Lo scontro istituzionale senza precedenti tra Consiglio superiore della magistratura e Consiglio di Stato che ha azzerato i vertici della Cassazione alla vigilia dell’inaugurazione dell’anno giudiziario sono un ulteriore elemento di perplessità.
A nulla sono valsi i richiami di questo ultimo periodo del Presidente Mattarella.
Siamo al punto che, nel prossimo luglio, avrà luogo l’elezione del nuovo Consiglio superiore della magistratura e, quasi certamente, vi si andrà con la stessa legge di oggi.
È in discussione in Commissione giustizia alla Camera solo una legge delega di non immediata applicazione, che richiede decreti attuativi legislativi. Nella relazione che la Ministra Cartabia ha letto al Parlamento e che ha depositato, si dichiara che gli emendamenti relativamente alla riforma del Consiglio superiore della magistratura sono stati depositati al Consiglio dei Ministri nei primi giorni del mese di dicembre. Eppure….
Un’autentica riforma della giustizia, qualsiasi sia la trasformazione che ne avverrà a breve, non può non contenere misure di riequilibrio paritarie di genere.
Nelle ultime quattro tornate elettive del Consiglio Superiore della Magistratura sono state elette in totale soltanto 8 Magistrate (una negli anni 2002/2006; quattro negli anni 2006/2010; due negli anni 2010/2014 e una nell’attuale consiliatura) nonostante il contesto sia prevalentemente femminile con percentuale del 53,8% e trend in crescita.
Nonostante l’humus emerso il recente scandalo di una discutibile gestione del potere giudiziario impone una revisione.
Anche per il “governo dei giudici” appare necessaria l’imposizione normativa dell’obbligatorietà della doppia preferenza di genere nell’attuale legge elettorale del CSM come del resto già avvenuto con buoni risultati per il governo di banche e di società quotate.
In un Paese democratico come il nostro, la legge deve fare il suo corso e va inserito pertanto anche per quel “sistema” l’obbligo del rispetto delle pari opportunità perché si è rivelato un sistema di potere smaccatamente declinato al maschile e volgarmente “blind gender”.
Del resto nei luoghi dell’Autogoverno e nelle posizioni di vertice della Magistratura dovrebbero albergare eccellenza dell’equità e senso di giustizia, ma senza voler aggiungere ulteriori severi commenti, certe posizioni vanno corrette. Deve dunque crollare anche in questo habitat il soffitto di cristallo, abbattendo il grave vulnus costituzionale dell’accesso non paritario di genere.
Del resto la magistratura stessa avrebbe potuto (dovuto) darsi regole e limiti seri di autogoverno, applicando criteri equitativi pur senza espliciti vincoli normativi, ma non l’ha fatto.
Ora quindi tocca al Parlamento visto il tentativo in essere di riforma della giustizia e del suo ordinamento.
Non è inutile sottolineare il coraggio e la fatica di questa proposta, molto avversata e in certi casi irrisa o mal tollerata, già presentata (n. 976/2018) e giacente poi finalmente bolinata il 23 luglio 2018.
La congiuntura favorevole della cosiddetta “questione morale” relativa agli attuali scandali della magistratura, la necessità di riforma imposta per rispondere ai parametri europei per i quali ci siamo impegnati e il governo trainato da un illuminato Mario Draghi permettono forse ora di approvare un emendamento con la medesima finalità.
Poco importa se poi, nella fase finale, come già avvenuto per la proposta di rinnovo della Legge Golfo - Mosca, la firma finale del provvedimento avrà un altro nome e un’altra targa e non la mia: non ho volontà di protagonismo per passare nella storia parlamentare, l’importante è il risultato...... va colta l’occasione al volo, tenendo conto della lettera che le donne magistrate hanno scritto pochi mesi fa al Presidente Mattarella richiedendogli che non siano mai più adottati nella storia della Repubblica Italiana sistemi elettorali del C.S.M. non equi ed esprimendo apprezzamento per la mia proposta di legge. Per chiudere e per gli addetti ai lavori: ogni volta che ci trova di fronte a casi in cui le donne non appartengono a pieno diritto alle strutture del potere è più il caso di ridefinire le regole di accesso a quel potere specifico che non lavorare ai loro requisiti (rischio che si sta correndo). L’emendamento proposto per l’introduzione di idonee misure di riequilibrio paritarie di genere per l’elezione nelle cariche del CSM va costituzionalmente in questa esclusiva direzione e non è “addomesticabile”.
Cristina Rossello
Presidente Progetto Donne e Futuro
On. le Forza Italia

 

 
Powered by Main Street Modena