I Miti di Modena a Profilo Donna

In occasione della serata di gala "Profilo Donna", il Teatro Comunale "Luciano Pavarotti" di Modena era pieno di calore, di ospiti, di personaggi che hanno riservato il primo, caloroso applauso a due donne, amiche nella vita, i cui nomi rappresentano nel mondo l'essenza stessa della nostra città: Ferrari-Pavarotti.

 


Floriana Ferrari e Nicoletta Pavarotti sono infatti salite insieme sul palco, dove le attendeva Cristina Bicciocchi, che ha rivolto a loro le prime domande della serata. Più disinvolta Floriana, più emozionata Nicoletta. Del resto, la Mantovani in quel teatro ha vissuto il momento più bello della sua storia con il grande Luciano.É stato infatti in quel luogo tanto significativo, che si è unita in matrimonio con il grande tenore.
Ho partecipato anch’io all’evento e grazie alle loro testimonianze, ho rivissuto momenti emozionanti della mia vita ricordando che ho avuto la fortuna di conoscere in prima persona due dei più grandi Miti del nostro secolo: Enzo Ferrari e Luciano Pavarotti.
Entrambi figli della terra nella quale anch’io sono nata, hanno portato il nome di Modena nel mondo. Entrambi hanno avuto nei confronti della nostra città un grande amore e non sono mai riusciti a tagliare quel cordone ombelicale, che li ha sempre tenuti ancorati a questa terra.
Enzo Ferrari e Luciano Pavarotti, per uno strano disegno del destino, hanno avuto, anche nella vita privata, tanti avvenimenti molto simili.
Entrambi hanno avuto due famiglie, entrambi hanno dovuto vivere la terribile esperienza della perdita di un figlio.
All’apparenza i loro mondi erano lontani anni luce, ma questo è vero solo in parte, perché ognuno di loro amava il lavoro dell’altro ed entrambi si stimavano.
“Quando il lavoro me lo consente seguo le gare di Formula 1 e tifo per la Ferrari- mi ha confidato un giorno Luciano Pavarotti-. Quando parliamo di automobili è necessario fare, per la Ferrari, un discorso a parte, perché queste macchine hanno un prestigio tale, che non possono essere rapportate a nessun’altra vettura”.
Ma com’è stato l’incontro di Luciano Pavarotti con il mondo delle quattro ruote?
Questo Luciano me lo confidò in un tiepido pomeriggio di primavera: lui aveva male ad una gamba e mi chiese se potevamo parlare in macchina, perché faceva fatica a scendere. Ricordo che quell’automobile era una Mercedes di colore rosso. Eravamo nel cortile del Club Europa ‘92 e fu in quell’occasione che Pavarotti mi spiegò quale fu il suo primo approccio con l’automobile: “Il mio rapporto con l’automobile è nato nel 1961 quando ho conseguito la patente - mi disse - La mia prima macchina fu una “Topolino”, che io soprannominai “Veleno”, perché era velocissima: arrivava a fare i 120 chilometri all’ora. La prima volta che la guidai fu per me una vera conquista. Avevo sempre invidiato chi possedeva una macchina. Bisogna considerare che negli anni ’60 l’automobile veniva vista in modo particolare, perché rappresentava una vera e propria conquista sociale. Ora è tutto diverso: considero la macchina solo un mezzo di trasporto ed è per questo che mi piace di serie e comoda”.
Anche Pavarotti, da buon modenese, amava le corse e la Ferrari, così come Enzo Ferrari amava la lirica ed apprezzava il grande tenore.
“Visti anche i nostri impegni, non avevo con Ferrari una frequentazione assidua, ma i nostri rapporti sono sempre stati di grande cordialità - mi confidò Pavarotti-.
Ogni volta che avevamo l’occasione di incontrarci era sempre molto piacevole, perché avevamo un rapporto da uomo a uomo, senza tanti formalismi”.
Già, i formalismi… Nonostante uno fosse il più grande costruttore di auto al mondo e l’altro il più grande tenore, Ferrari e Pavarotti erano due persone molto semplici, con le quali era piacevole conversare: due Miti che hanno sempre conservato un rapporto speciale con gli amici più intimi e che hanno avuto nei confronti di tutte le persone una cordialità e una disponibilità incredibili.
Ricordo il giorno nel quale mi recai dal Maestro nella sua villa di Saliceta San Giuliano. Ero insieme a mio marito e dovevamo consegnargli un riconoscimento. Quando arrivammo Pavarotti era ancora a letto. Noi aspettammo circa mezz’ora, poi Luciano arrivò. Ricordo che si presentò con un vaso di miele ed una tazza di un liquido che fumava (latte o the, non ricordo). Era visibilmente raffreddato e si scusò del ritardo.
Mi venne da ridere e pensai a tutti quegli pseudo artisti senza talento che avrebbero disdetto l’appuntamento per molto meno. Anche quel giorno riconobbi in Luciano il tipico modenese, per il quale la parola data è cosa sacra.
Anche per Enzo Ferrari vale lo stesso discorso di serietà e di rispetto nei riguardi di tutte le persone. Mentre scrivo ho qui davanti il libro che mi ha regalato il Grande Vecchio “Piloti, che gente… “ e le tante lettere che ci siamo scambiati.
Era sempre per me un piacere ricevere quelle buste giallo chiaro e leggere quelle parole tracciate con l’inconfondibile inchiostro violetto.
Enzo Ferrari e Luciano Pavarotti hanno affrontato la vita con stile, con eleganza, con semplicità. Avevano il mondo ai loro piedi e si commuovevano per un bambino malato, per una persona bisognosa.
Amavano le donne, ma senza ostentarle. Amavano la buona tavola: avevano una passione grande per la cucina modenese. Amavano stare con gli amici, ma soprattutto amavano Modena e non sempre Modena li ha amati. Facevano del bene in silenzio, senza farlo sapere a nessuno.
Erano due grandi Miti e forse non ne erano consapevoli sino in fondo.
Ricordo un giorno in particolare: era il 27 aprile 1991. Telefonai a Cesare, il gestore del Club Europa ‘92, e gli dissi che il grande pilota Juan Manuel Fangio sarebbe venuto a Modena, per ritirare un premio assegnato al grande campione dal Club Ferrari di Maranello. Il Maestro, che era socio del sodalizio, era a Modena in quel periodo ed espresse il desiderio di essere lui a ricevere Fangio.
Dietro questa decisione vi è un aneddoto molto simpatico: a Pavarotti, in tournée a Buenos Aires, gli venne chiesto come desiderava muoversi in città ed egli fece una battuta scherzosa, dicendo che avrebbe voluto Fangio come autista. La sua sorpresa fu grande quando il mattino seguente trovò il grande pilota argentino, che era ormai diventato una vera leggenda, che lo aspettava davanti all’albergo.
“É stato molto bello visitare la città di Buenos Aires in compagnia di Fangio - mi disse Pavarotti - .Ora che lui viene nella mia città voglio essere io a fargli da autista”.
Non potrò mai dimenticare l’espressione di Juan Manuel Fangio quando, uscendo dall’hotel Fini, vide Luciano Pavarotti che lo aspettava, per fargli da autista. Il grande campione era accompagnato dal fratello Ruben e dall’Ing. Luis Carlos Barragan, che era il Presidente del Museo di Balcarce, città natale di Fangio. L’abbraccio che si scambiarono il grande Campione e il Maestro era pieno di affetto e i momenti che seguirono indimenticabili. Mentre li osservavo seduti vicini, nel locale di Pavarotti, dove era stato approntato un rinfresco, ho pensato, con orgoglio, che ero stata l’artefice di quell’incontro storico e ne fui molto felice.


 
 
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