Il Palazzo Ducale di Sassuolo è una delle più importanti residenze barocche d’Italia. Il suo aspetto attuale prende forma per volere del duca Francesco I d’Este, che nel 1634 incarica l’architetto Bartolomeo Avanzini di trasformare l’antico castello di famiglia in una moderna dimora extraurbana per la corte. Pitture murali, decorazioni a stucco, sculture e fontane ancora oggi trasmettono il senso di questa “delizia” rimasta a lungo ai margini della conoscenza e della frequentazione pubblica. Le origini dell’edificio si perdono nella leggenda e risalgono probabilmente al tempo di Matilde di Canossa. Nel XIII secolo è documentato come feudo della famiglia Della Rosa, fino alla conquista degli Este (1373): sarà proprio il marchese di Ferrara (poi duca) Borso d’Este a promuovere i primi lavori di conversione del maniero fortificato in residenza di corte. Per tutto il Cinquecento, a seguito di una permuta di territori, l’edificio è dominio dei Pio di Carpi e vi lavorano artisti come Nicolò dell’Abate (nel perduto Appartamento di Orlando) e Domenico Carnevali (di cui sopravvivono lacerti di affreschi nella Camera della Cancelleria). Tornato possesso del Ducato estense, che nel frattempo aveva trasferito la capitale da Ferrara a Modena, il castello diviene una sede strategica per la nuova politica promossa da Francesco I d’Este, che ne attua la conversione in reggia barocca in parallelo alla trasformazione del castello estense di Modena nel colossale Palazzo Ducale di città. La squadra di artisti chiamati a lavorare dal duca opera una totale reinterpretazione degli ambienti in chiave di apertura alla luce e al paesaggio pedecollinare: le torri angolari vengono trasformate in terrazze panoramiche e la corte interna in uno spazio scenografico abitato dalla gigantesca divinità fluviale disegnata da Gian Lorenzo Bernini e Antonio Raggi, e aperto verso il borgo di Sassuolo attraverso arcate a tre fornici sfalsati che danno illusione di simmetria alla nuova facciata barocca dell’edificio. Sotto la direzione dell’architetto Avanzini e dello scenografo Gaspare Vigarani nascono invenzioni bizzarre come la Peschiera adiacente la piazza, e lavorano plasticatori e stuccatori come Lattanzio Maschio, Luca Colombi, Giovanni Lazzoni. Ma è la squadra dei pittori chiamati da Francesco I a raggiungere gli esiti più complessi e raffinati. Il Salone delle Guardie a doppia altezza è una superba macchina illusionistica inventata da due dei massimi specialisti italiani, Agostino Mitelli e Angelo Michele Colonna, per celebrare il mecenatismo degli Este nel campo delle arti, della letteratura, della musica e della storiografia. La Galleria di Bacco è un ambiente unico, decorato da quadraturisti (Gian Giacomo Monti e Baldassarre Bianchi) e specialisti di natura morta (Pier Francesco e Carlo Cittadini) per ospitare l’eccezionale ciclo di storie di Bacco affrescate da Jean Boulanger, il visionario pittore di corte. A Sassuolo Boulanger tocca i vertici della sua poetica, decorando anche gli Appartamenti del Duca e della Duchessa con la sua maniera classicista ricca di echi francesi e nordici, in piena simbiosi con la felice narrazione autocelebrativa della residenza estense.
Il declino del Palazzo inizia con la sua requisizione in epoca napoleonica e quindi la vendita al conte d’Armazit de Sahuguet d’Espagnac, capitolo che segna anche l’inizio della dispersione sul mercato dei suoi arredi e collezioni. Nel 1917 il Palazzo diviene provvisoriamente una caserma, quindi sede della ditta Bellentani di lavorazione carni e insaccati. Tornato in mano pubblica, nel 1941 è destinato a sede sussidiaria della storica Accademia Militare di Modena. Dopo molti anni di amministrazione militare e complessi lavori di restauro, nel 2004 il Palazzo è definitivamente entrato in consegna del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo. A seguito della riforma del Ministero del 2014, Palazzo Ducale, con Galleria Estense, Museo Lapidario e Biblioteca Estense di Modena, Pinacoteca Nazionale di Ferrara, afferisce al museo autonomo delle Gallerie Estensi.
Dal 1° giugno al 2 settembre 2018, le sale di Palazzo Ducale ospitano la mostra di Lawrence Beck. Dialogo con l’antico.
La rassegna, curata da Martina Bagnoli, presenta 8 fotografie di grandi dimensioni dedicate ai giardini italiani, che dialogano con i capolavori di arte antica conservati nel palazzo.
Quello dei giardini è il tema cui Beck si è dedicato negli ultimi cinque anni di lavoro e rappresenta il culmine della sua visione artistica che parte dal concetto tradizionale di fotografia come documento. In questo ciclo Beck si dedica al rapporto tra uomo e natura, concentrandosi su paesaggi in cui s’inseriscono alcuni dei capolavori più importanti dell’architettura italiana.
Il percorso espositivo, infatti, parte idealmente da Villa Pisani di Stra (VE) progettata da Andrea Palladio, per poi toccare Villa Bardini di Firenze, Villa Reale di Marlia (LU), Villa Lante di Viterbo che conserva uno dei più famosi giardini manieristi del XVI secolo, la settecentesca residenza di Villa Della Porta Bozzolo alle porte di Varese, Villa Sorra di Castelfranco Emilia, significativo esempio del barocchetto emiliano, per chiudersi a Palazzo Ducale di Sassuolo con la sua facciata barocca disegnata da Bartolomeo Avanzini. Conosciuto per le sue fotografie di larghe dimensioni, Lawrence Beck da anni immortala paesaggi naturali illuminati da una luce diffusa e soffice che fotografa con il metodo tradizionale della pellicola, producendo così effetti molto diversi da quelli delle istantanee digitali.
L’amore di Beck per la natura ha radici lontane e inizia con le estati passate nelle Alpi italiane, sotto le pendici del Monte Rosa.
Lo scenario selvaggio delle vette innevate, dei ghiacciai, delle praterie, delle formazioni rocciose, dei fiumi e dei torrenti alpini hanno nutrito nel seno dell’artista i primi semi della sua arte. In un certo senso, I giardini italiani e tutta l’opera più recente di Beck esprime il desiderio di fuga dalle grandi città alla ricerca di un santuario naturale. Tuttavia la natura che Beck finisce per incontrare, spesso include una messa in scena calcolata e artefatta. La ricerca degli spazi aperti e selvaggi dei paesaggi alpini dell’infanzia lo conducono invece negli spazi curati e controllati dei giardini storici italiani. Un motivo in più, questa mostra, per venire a scoprire questa magnifica “Delizia Estense”!
Per informazioni dettagliate, www.gallerie-estensi.beniculturali.it