Un Giardino Di Talenti
Come i fiori dall’idea allo sviluppo del progetto, tra concetto e materia

a cura di Elisa Pellacani - foto di Laura Sani

Ogni progetto è un seme che resiste, si espande e cresce. Fiorisce nella bellezza, a volte nell’asperità del terreno in cui si trova: le circostanze pragmatiche e l’incomprensione di cui ancora soffre chi lavora professional-mente in ambito creativo, ma anche gli errori e le valutazioni che non superano i criteri di fattibilità. Fattori antichi ma che sembrano rinnovare i propri profili impervi nell’apparente facilitazione che i nuovi media e le aspettative conseguenti creano, a discapito di un tempo e una conoscenza dei processi che a volte trovava nell’artigianalità e nella formazione indiscussi alleati. Nell’era del virtuale e del tecnologico espanso, del rapido e del social, sempre più evidente sembra apparire l’utilità innegabile – non solo per i progettisti, ma sarebbe necessario riconoscerla anche per uno sviluppo delle capacità cognitive delle nuove generazioni – della sperimentazione, dell’attesa metodologica che non sempre prevede la felicità dei risultati, del provare “sporcandosi le mani”. Non di terra, per uscire dalla metafora iniziale, ma di strumenti che formino il pensiero concretizzando il pensiero stesso in alfabeti condivisibili all’altro.
Mi sono io stessa stupita dell’affermazione che ho ascoltato tempo fa che sia la parola, il verbalizzare, ciò che collabora a formare il pensiero, e non, come sarebbe più facile pensare, il suo contrario, cioè che dal pensiero, più costruito e luminoso possibile, nascano parole e quindi comunicazioni verso l’esterno più pregne d’interesse e contenuti. Da qui, non mi dilungo su ciò che più si avvicina a quello che è anche parte del mio lavoro, il gesto grafico, ad esempio, dalla scrittura, che, appunto, appartiene a tutti, al disegno, ma con lo stesso ragionamento potremmo riscoprire esigenze formative, nelle scuole, negli atenei, nella produzione in generale, di saperi e processi che appartenevano a una società non tanto lontana. In questo modo procede – con le difficoltà anche solo di utile economico per far fronte a richieste che vorrebbero risultati immediati e per i quali difficilmente si prevedono investimenti adeguati – il mio lavoro, dopo tanti anni sul filo della razionalità critica con cui si dipana il lavoro editoriale e dell’ispirazione (chiamiamola così) artistica, in entrambi i casi affilati dall’esercizio e dalla meticolosità che richiede l’operazione creativa perché il risultato “funzioni”, o almeno risponda a criteri ipotizzati. Comincio ogni elaborato, si tratti di un libro, qualunque sia il suo contenuto, come di un disegno o dell’opera per una mostra, con scampoli di carta e con una matita, a volte con forbici, colla e filo per calibrare le misure, rendermi conto di spessori, immaginare nella realtà spazi occupati e prevedere certo costi e tempi. È stato un po’ per gioco ma anche per quella curiosità che sempre accompagna scelte professionali che l’economia vorrebbe dichiarare “inutili” o sull’orlo della scomparsa che ho cominciato, nei primi anni del 2000, a ritagliare lamine di metallo, e invece che incollare, saldare, e invece che colorare con chine e pastelli, ossidare o smaltare, con la soddisfazione di passare dal bidimensionale che ha delineato il mio lavoro da quando ho cominciato con la fotografia, per proseguire la passione di tanti bambini del disegno, al libro stampato, di un oggetto “solido”, tridimensionale.
In più: portabile, quindi con una funzione anche estetica di uso. Non insisto sulla gioia del gioiello, della prova che rappresenta confrontarsi con l’unicum per chi è abituato al multiplo, ma anche della bellezza di poter “portare”, usare appunto, qualcosa di inventato, che quindi esce dalla sfera dello sguardo per entrare nella quotidianità del tatto e dell’indossato. Quando sono stata invitata a realizzare un premio per la prestigiosa occasione del trentennale di Profilo Donna non ho però avuto alcun dubbio.
Ma non solo e non tanto perché il gioiello sia donna, cosa che tra l’altro non credo, ma perché tra le tante intenzioni di riaffermare visioni finalmente e difficilmente raggiunte sulla parità e sull’uguaglianza, mi piace pensare che la donna contemporanea mantenga questo aspetto di essere “seme”: capace di viaggiare come una navicella spaziale attraverso le stagioni, protetta con silenziosa umiltà dalla terra ma pronta ad esplodere di rinnovata meraviglia, non dimenticando mai saperi e conoscenze antiche. Per questo dalla collezione a cui sto lavorando di gioielli, che ricordano la semplice bellezza dei fiori e delle bestie del campo, minuscoli e prolifici insetti necessari alla nostra sopravvivenza, ho realizzato una serie di dieci medaglioni interamente realizzati a mano, nel mio studio, con parti in fusione a cera persa da miei disegni, saldate e lavorate tra loro in argento, bronzo e rame, poi montati su una tela stampata in cianotipia, al sole, tecnica antichissima e che – guarda caso – fu una donna a usare, non per fini artistici, ma per utilità, quella di raccogliere in erbari dettagliati i particolari delle sue osservazioni naturalistiche.
Prima della fotografia, quindi prima dell’immagine, e della sua riproducibilità: immagini uniche, a rendere condivisibile qualcosa di meraviglioso e invisibile ai più, come sono le erbe dei campi, e la natura. Forgiate nel metallo, diventano anche oggetti di cui ornarsi, e da toccare, oltre che da portare con sé: frammenti di un giardino fiorito a cui il talento quotidiano e costante di alcune donne porta nuove infiorescenze, straordinarie, uniche, come il riconoscimento di un premio così speciale.
Tutto dedicato alle donne.

UN GIARDINO DI TALENTI
Per XXX edizione Premio Internazionale PROFILO DONNA – 2019

C’è un giardino bellissimo che cresce a fatica a volte con spontaneo
talento, di erbe fragili e forti che nascondono e svelano saperi.
Si veste di fiori la donna guerriera che guarda a ogni domani come
al giorno nuovo. Annota in erbari scritti al sole ciò che nell’ombra radica con costanza. Semina, ogni volta che guarda; quando con pazienza
matura, raccoglie, e di nuovo diffonde.                          (E.P.)

“Giardino dei Talenti” è una serie di gioielli disegnati e realizzati da Elisa Pellacani per la trentesima edizione del premio Profilo Donna: ognuno è unico, lavorato artigianalmente con parti in fusione a cera persa montate e saldate dall’artista, in argento, bronzo e ottone. Elementi vegetali tratti dai disegni di Elisa Pellacani per un oggetto che ricorda come ogni donna premiata sia fiore unico anche se parte di un’idea comune, un giardino in cui crescere ogni giorno i propri talenti. Ispirati dalla collezione che l’artista dedica alle donne contemporanee, con forme della natura e solidi intrichi vegetali quasi a protezione di fragilità ma anche a richiamo della forza poetica dell’agire donna, sono moderne armature fiorite, in cui i diversi metalli si fondono e popolano di erbe, insetti, fiori selvatici.
Il gioiello è accompagnato da una stampa a cianotipia su cotone, tecnica antica di riproduzione fotografica attraverso l’esposizione ai raggi ultravioletti del sole, usata da una precursora della fotografia, la botanica inglese Anna Atkins (Tonbridge, Kent, 1799-1871), per riprodurre piante e fiori in erbari.
Ognuna è stata fatta con la sovrapposizione di paper-cuts sulla stoffa sensibilizzata, per cui ogni stampa è anch’essa un unicum, tesa su telai per il ricamo, a ricordare il lavoro paziente delle mani e la creatività progettuale del fare.

 
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