di Cecilia Brandoli
Siamo a Reigate, Inghilterra del sud-est, è il 18 maggio 1919. Nasce Margaret Hookham, o più semplicemente Peggy, colei che diventerà una delle pochissime danzatrici al mondo a essere nominata Prima Ballerina Assoluta e che fino a sessant’anni si esprimerà sulle punte calcando i palcoscenici più importanti con i ballerini più virtuosi.
Già a quattro anni inizia a scoprire la danza. Con la famiglia, il padre è brasiliano e la madre irlandese, si trasferisce in Cina a causa del lavoro del padre e là Margaret trascorre i primi anni della sua vita. Tornano in Inghilterra nel 1933: al Vic-Wells Ballet (che successivamente diventerà Sadler’s Wells Ballet poi Royal Ballet) fanno le audizioni per Lo Schiaccianoci e Margaret lo passa. L’anno sucessivo debutta nella parte di un fiocco di neve. È all’inizio della carriera che si inventa un nome d’arte: cambia il cognome del nonno Fontes in Fonteyn e Margaret in Margot.
La prima ballerina del Vic-Wells Ballet Alicia Markova si ritira nel 1935 e all’interno del balletto è grande la preoccupazione su chi dovesse sostituirla. Margot Fonteyn è tenuta d’occhio e di lì a poco diventa la star della compagnia e musa ispiratrice di tanti balletti del coreografo Sir Frederick Ashton: Ondine, Daphis and Chloe, Sylvia. Nella storia è rimasta la sua interpretazione come prima ballerina, a ventisei anni, nel ruolo di Aurora ne La bella addormentata nel bosco di Čajkovskij «her work is made memorable by her inherent musical sense – ricorda William Chappell, disegnatore al Vic/Sadler’s Wells Ballet. In performance Fonteyn appears to take the music into her feet… she herself is makes the music with her own movements». Lei stessa crea la musica con i suoi movimenti, con i suoi piedi… un innato senso musicale che rende indimenticabili le sue apparizioni in scena…
Roland Petit e Martha Graham sono gli altri coreografi con cui lavora.
La prima apparizione in Giselle, uno dei ruoli più difficili del repertorio classico, è nel 1937 al Sadler’s Wells Theatre e William Chappell ricorda un episodio della sera precedente il debutto. Erano le quattro del mattino e Margot era ancora alzata a provare… «“You haven’t forgotten” people said tentatively “that you are dancing Giselle tomorrow? Don’t you think you should go to bed?”. “Oh, no!” said the child in innocent amazement, “I’m not a bit tired”. I have no doubt she was not in the least tired, but she was also quite unaware of the magnitude of the performance which confronted her. “Of course I had nightmares about it” she told me many years later “and I do still. The nightmares I have now are much, much worse because today I realise fully how many things can go wrong, how much can be lacking, how much has to be given to the part. I was nervous when I first did it, because it is always alarming to perform, but then it was only a straightforward form of nerves. Today I always rest and go to bed as early as possible the evening before I do Giselle or Lac des Cygnes or The Sleeping Beauty and my nightmares each time become more frightening”». Non sono stanca, diceva, ma era inconsapevole della grandezza dell’impresa a cui era di fronte… Poi qualche anno dopo racconta che a quel debutto aveva incubi notturni, incubi destinati a rimanere e peggiorare con la consapevolezza di “quante cose possono andare storte, quante se ne possono dimenticare, quanto deve essere dato alla parte”. Nervosismo da prestazione… “Oggi la sera prima di fare Giselle, Il lago dei cigni o La Bella addormentata nel bosco riposo sempre e vado a letto il prima possibile”, racconta a William Chappell.
Negli anni Quaranta danza con Robert Helpmann, coppia che per diversi anni riscuote un grande successo, nel 1949 il Royal Ballet fa una tournée negli Stati Uniti e Margot diventa subito una star, poi negli anni Cinquanta danza con Micheal Somes.
All’età di trentacinque anni (1954) le viene conferito il titolo di Dama.
Eugenio Montale commenta in un articolo del Corriere della Sera dell’11 marzo 1955 il balletto Uccello di fuoco, leggenda russa grande classico del Novecento, in scena al Teatro alla Scala e diretto da Nino Sanzogno: «L’interesse maggiore è la presenza, nell’Uccello di fuoco di Strawinsky, di Margot Fonteyn, danzatrice probabilmente impareggiabile (…). Vissuta fanciulla in Asia, sembra talvolta di intravedere nel gesto e nel ritmo della grande danzatrice - basti osservare i suoi morbidissimi movimenti di abbandono e l’alato gioco delle sue braccia nel balletto, quando il mitico “uccello di fuoco” conosce l’amplesso del Principe che lo tiene prigioniero - un riflesso di cadenze mimiche delle danze religiose asiatiche, (…) richiami di accenti lontani di palpiti remoti e vicini di una grazia che ha colori universali, danno continuamente nuova vita alla dama Margot Fonteyn». E continua: «Micheal Somes accompagnava Margot Fonteyn nelle sue apparizioni. Figura veramente da leggenda alata e morbidissima, acrobatica e tenerissima, appariva la danzatrice il cui virtuosismo quasi diabolico non soffoca mai lo spirito magicamente musicale di un corpo che sembra in ogni gesto e in ogni cadenza cantare misteriosamente. Le acclamazioni del pubblico sono state prorompenti e interminabili».
Il sodalizio con il partner d’eccezione inizia negli anni Sessanta e segnerà per sempre la storia del balletto: l’incontro con Rudolf Nureyev. È il 1961, il ballerino russo è in tournée in Europa col Balletto Kirov e chiede asilo in Francia, scappando dalla Russia. Margot Fonteyn invita Nureyev a un gala di beneficenza a Londra. L’impressione, o il chiacchiericcio, sembra suggerire che Margot Fonteyn, ormai quarantenne, stia per ritirarsi dalla scena… e inoltre gli impegni di una ballerina internazionale non sono facilmente conciliabili con quelli di un marito ambasciatore, il panamense Roberto de Arias, sposato nel 1956. Ma non ci riesce, probabilmente l’intesa con Nureyev è troppo forte. La prima performance che li vede insieme è Giselle (1962) al Royal Opera House di Londra. Un successo strepitoso. Durante le chiamate alla ribalta e i lanci di bouquet, Nureyev si inginocchia davanti a Margot per il baciamano. Un gesto che salda un’unione che durerà una vita, sia sul palco sia nell’amicizia che li legherà, nonostante la diversità delle loro storie personali e nonostante i vent’anni che li separano. Regalano al mondo la magia del loro straordinario feeling, fin quando Margot avrà cinquantotto anni.
Solo per loro Ashton coreografa Margherite and Armand (1963, Covent Garden di Londra). Con due brani al pianoforte di Frantz Liszt, il balletto inizia con Margherite sul letto di morte e la storia prosegue con flashback fino al momento in cui arriva Armand che la sostiene per l’ultima volta prima della fine. Di fronte alla Regina Madre e alla Principessa Margaret ballerini e coreografi ricevono ventuno chiamate alla ribalta. Lo danzano altre volte, ma nessun altra coppia interpreterà questo balletto fino al XXI secolo: non c’è dubbio che in pochi se la sentirebbero di farsi carico di un confronto così importante e difficilmente eguagliabile…
Mettono in scena il Romeo and Juliet di Mac Millans, appaiono insieme nella versione per la televisione del Lago dei cigni e nel Romeo e Giulietta così come ne Les Sylphides e Le Corsare pas de deux. Rudolf Nureyev ricorda con tenerezza in un articolo del Corriere della Sera del 23 novembre 1992 il suo sodalizio con Margot Fonteyn: «È stata la mia partner ideale. Avevamo temperamenti diversi e c’era anche una differenza di età di venti anni. Ma i nostri corpi, i nostri movimenti, i nostri piedi e le nostre mani riuscivano sempre a incontrarsi e a fondersi meravigliosamente, in una sorta di equilibrio che credo sia stato irripetibile». Si ispirano a vicenda, raggiungono un’intesa perfetta che permette loro di dare un accento di vigore e freschezza a tutti i loro lavori.
Nel 1967 vengono arrestati entrambe dopo una performance a San Francisco, a causa di un’irruzione della polizia in una festa a cui erano stati invitati nella zona di Haight-Ashbury.
Nel 1965 sparano a Roberto Arias, marito di Margot, dopo un suo tentativo di colpo di stato a Panama. Questo episodio lo rende tetraplegico per il resto della vita. Margot danza fino a sessant’anni (1979) per pagare le spese mediche del marito nonostante l’artrosi al piede. Al momento del suo ritiro dalla scena, il Royal Ballet la onora del titolo di prima ballerina assoluta. «La prima ad appropriarsi di questo titolo è stata Pierina Legnani con il Balletto Imperiale di San Pietroburgo - spiega Anna Razzi, étoile e direttrice della Scuola di Ballo e della Compagnia di Balletto del Teatro San Carlo di Napoli -. È stata la prima a unire i ruoli del cigno bianco (Odette) e del cigno nero (Odile) ne Il Lago dei cigni e a eseguire i trentadue fouettés. Per questo la nominarono prima ballerina assoluta, che i francesi chiamano étoile. Il titolo è rimasto da allora per coloro che, esclusivamente nel balletto classico, danzano il repertorio dell’Ottocento interpretando ruoli di primo piano».
Trascorre il resto della sua vita a Panama City, dove muore nel febbraio del 1991. I risparmi sono stati prosciugati dalle spese per le cure mediche necessarie al marito, così nel 1990 il Royal Ballet organizza un gala a suo beneficio. Durante la malattia, che si scoprirà essere un cancro, anche Nureyev si prende cura di lei in modo particolare, come solo un caro amico può fare. La visita spesso nonostante i suoi tanti impegni di ballerino e coreografo. Allo stesso modo si comporta lei, quando lui accusa problemi di salute (è Hiv positivo, morirà nel 1993).
Dal 1981 al 1990 è stata presidente onorario della University of Durham. La sala principale di Dunelm House è stata nominata Fonteyn Ballroom in suo onore.
Una scuola a nord di New York è intitolata a lei, Margot Fonteyn Academy of Ballet, ed è stata fondata dall’amico Ken Ludden che insegna lo stile classico del balletto ispirato a Margot. Negli ultimi venti anni di vita, insieme a Ludden ha cercato di sviluppare la sua idea di preparazione nelle belle arti in cui Musica, Danza, Pittura e Recitazione fossero studiate sotto un unico tetto in quanto elementi di base del teatro. La sua convinzione era che i giovani artisti provenienti da campi diversi di espressione potessero entrare in conversazione e di conseguenza sviluppare una comprensione profonda sui molteplici aspetti dell’arte.
Anna Razzi vi racconta Dame Margot Fonteyn
«Ho lavorato molto con lei, mi ha seguito nei debutti da quando ho iniziato alla Scala con le Silfidi - racconta Anna Razzi -. Siamo state in tournée insieme in America per il debutto di Romeo e Giulietta, balletto in cui lei faceva la madre di Giulietta. Dame lo era veramente, non era solo un titolo reale o una patina esteriore. Era molto carina, con lo spirito da vera collega. Ricordo un aneddoto commovente: proprio al debutto in America di Romeo e Giulietta, uscite da teatro lei aveva una marea di fans che immediatamente esultarono nel vederla. Per me invece era la prima volta in America... e lei fece un gesto molto bello e inaspettato. Cingendomi le spalle col braccio disse ai presenti: «questa è la Giulietta che avete applaudito stasera» e iniziò ad applaudirmi, seguita da tutti. Una grande ballerina.
Mi correggeva sempre, mi ha seguito con tanto affetto. Un altro ricordo è lo spettacolo delle Silfidi al Castello Sforzesco. Venne a piovere e ci trasferimmo alla Scala. Così ne approfittai per provare il vestito e i passi di Cenerentola con cui avrei debuttato l’indomani. Margot mi osservò e mi disse che la mia acconciatura era troppo grande per il mio viso e cominciò ad aggiustarmela lei stessa!
Lei entrava in sala ed era una normale professionista, non ostentava la sua fama.
Da bimba la vidi e rimasi incantata. Con i compagni della scuola di ballo andammo a vedere La Bella addormentata nel bosco, il suo cavallo di battaglia. Aveva un aplomb straordinaria, rimaneva sulla punta anche per alcuni minuti. Il giorno dopo eravamo in sala a provarci anche noi! È stato un colpo di fulmine. È stata la ballerina che ho ammirato di più e che ho cercato di imitare. Una donna molto bella, vestiva sempre alla moda con Chanel, tailleur e tanti si voltavano anche a guardarla. Era impeccabile, la prima a essere sul palcoscenico, perfetta. A New York, durante la prove di costume, la Fonteyn è stata la prima a salire sul palco vestita e di tutto punto, compresa l’acconciatura. Un grande esempio di professionalità».