Addio a Tina Zuccoli

Madre Teresa

La maestra che fece il giro del mondo se n'è andata all'improvviso, si potrebbe dire in punta di piedi, proprio come desiderava
di Maria Grazia Franchini dal Resto del Carlino

Tina Zuccoli, la maestra modenese che ha fatto il giro del mondo, nota per i suoi viaggi e per i libri, si è “addormentata” il giugno scorso, nella casa modenese dove viveva con la figlia Simonetta. Aveva 77 anni e lo spirito di una ventenne. Ora che le spedizioni scientifico-naturalistiche nelle regioni polari erano per lei passate nella sfera dei ricordi, Tina (detta la maestra degli alpini) non si abbandonava però all’ozio, o ai rimpianti. “In casa trovava sempre qualcosa da fare” dice la figlia Simonetta “e, se si sedeva, aveva sempre un libro tra le mani. E poi era circondata da tre gatti che adorava e che le riempivano la giornata. Mia madre ha sempre avuto un carattere forte, determinato. Affrontava le cose di petto e amava tutto ciò che di bello c’è nella vita: i viaggi, la scoperta di terre sconosciute, gli animali, le piante e soprattutto amava la gente. Si legava strettamente alle persone, sapendo scegliere quelle giuste.” Dopo 20 anni di insegnamento come maestra elementare nel carpigiano , Tina Zuccoli Mazzini, nata nel giugno 1928 a Imola, ha voluto vedere dal vivo le regioni artiche sulle quali tanto aveva studiato. Con gioia e con orgoglio ha in seguito raccontato dei suoi 14 viaggi a Nord del Circolo Polare Artico, di cui 4 nell’arcipelago delle isole Spitzbergen, fino all’81esimo parallelo di latitudine. Ragazzi e adulti restavano incantati dalle sue storie di caccia alle balene, di pescatori norvegesi di Tromso e di Sandefjord. Tina (anche quando non era più insegnante) non ha mai detto no a chi la invitava nelle scuole. Parlava agli studenti degli orsi bianchi (ha partecipato ad uno studio sul loro censimento nell’isola di Edge) come se fossero stati suoi vecchi amici. Sapeva tutto sulla flora delle Spitzbergen, delle volpi, degli animali selvatici, che a volte portavano via le poche risorse di cibo rimaste. La stessa verità, lo stesso linguaggio semplice e pregnante che usava nelle conferenze, lo troviamo nei libri e racconti nati dalla sua penna: da “Mondo Artico” (1968) a “I miei amici Lapponi” (1972), da “Balene e balenieri” (1973 a “Gli ultimi orsi del grande Nord” (1980), da “La grande migrazione” (1982) a “I fiori dell’Appennino modenese” (1984).
A proposito di queste piante, encomiabile è stata la sua cura nella gestione del giardino Esperia a Passo del Lupo.
Per 8 anni ha svolto l’incarico col marito ufficiale di marina e poi ha continuato da sola per altri 8 anni. Per questo nel 1992 le è stata conferita la laurea ad honorem (dottore in Scienze Naturali) dall’Università di Modena e il riconoscimento Profilo Donna.
Così anche oggi Tina Zuccoli è con noi attraverso i suoi racconti e il ricordo delle persone che l’hanno conosciuta…

PREMESSA PER SPIEGARE  I MOTIVI DEL MIO INTERESSAMENTO VERSO LE TERRE POLARI.
Sono nata il 28 giugno 1928, quando ancora i titoli dei giornali erano dedicati alla scomparsa del dirigibile ITALIA e alla ricerca dei naufraghi.
Il  18 giugno era scomparso in quel Mare Artico a lui familiare il grande esploratore Roald Amundsen, che in uno slancio di generosità era andato alla ricerca dell’amico Umberto Nobile .
Intanto, alla Baia del Re nelle Isole Svalbard, a 79° gradi di latitudine Nord, nel luogo dal quale il dirigibile ITALIA aveva spiccato il volo verso la méta tanto agognata, i giornalisti di tutto il mondo inviavano i loro articoli. Fra questi c’era il dott. Cesco Tomaselli,  inviato del “Corriere della Sera” e amico di mio padre che era stato giornalista del  “Progresso” (con sede a Bologna in via Galliera, 84, il cui direttore era il giornalista Giorgio Maria Sangiorgi.).
Cesco Tomaselli aveva promesso a mio padre  che al ritorno dalla Baia del Re sarebbe stato il mio padrino di Battesimo; ma non poté mantenere la parola perché io nacqui prima del suo rientro  ed egli era ancora vicino al Polo. Al momento del Battesimo che a quei tempi si doveva impartire subito dopo la nascita, per poco mio padre non mi chiamò Italia. Lo dissuase un amico, al quale va ancora tutta la mia riconoscenza, che gli fece capire quanto fosse eccessivo e imbarazzante per una bambina  chiamarsi ITALIA... MAZZINI (il mio cognome paterno). Ero ancora molto piccola, ma ricordo che in casa sentivo spesso parlare del Polo. Ebbi poi in dono dal mio mancato padrino il famoso libro “L’ITALIA AL POLO NORD” di Umberto Nobile:
E quel librone, con le sue illustrazioni in bianco e nero divenne il mio favorito...
Per me conteneva la fiaba più bella, anche se intessuta di tragedia: alla fine i superstiti venivano salvati grazie ad una piccola radio azionata da un folletto di nome Baciccia, così era chiamato il radiotelegrafista Giuseppe Biagi.
Da ragazzina potei leggere alcuni libri  di esploratori. Nansen, che mi svelava la bellezza di quel mondo lontano era il mio favorito. E sognavo, io di temperamento avventuroso, di poter vedere da vicino quelle terre e quel mare; di poter ammirare il sole che splende anche a mezzanotte e le stupende aurore boreali, i preziosi fiori che abbellivano quelle terre...
Sognavo di incontrare gli orsi bianchi, di parlare con i famosi trappers, con i cacciatori di foche, di conoscere gli avventurosi balenieri e di vedere da vicino le enormi balene. Tutte queste vicende che vivevo attraverso la lettura dei libri polari volevo che divenissero realtà.
E lo divennero tutte! Il destino, ordendo i e tirando i suoi fili, mi fece incontrare sotto la fulgida costellazione di Orione, quella meravigliosa e speciale persona che divenne mio marito (ufficiale di marina imbarcato sull’incrociatore “Giuseppe Garibaldi” durante l’ultima guerra).
Insieme  navigammo per lunghi e splendidi anni nelle vicende della vita, ma anche lungo le rotte polari. 
E non alla ventura o intruppati dalle varie agenzie di viaggi. Infatti, si preparava ogni viaggio in biblioteca : itinerari, interessi, scopi, ricerche. Si chiedevano informazioni al famoso Club Artico Norvegese di Tromso sulle eventuali spedizioni di ricercatori e sulla possibilità di potersi  aggregare soltanto come un  sostegno morale.
Il tutto, tenendo amaramente conto dei molto ristretti mezzi finanziari. A quei tempi non usavano gli  sponsor facili e generosi.


LE  PRIME  SPEDIZIONI
Fu così che cominciai a visitare le ultime propaggini della Norvegia e della Finlandia, ad interessarmi delle popolazioni dei Sami (Lapponi), ad osservare e a studiare, come meglio potevo, la tundra e le sue preziose piante.
Ma il mio desiderio volava verso le autentiche Terre Polari e in particolare verso le famose Isole Svalbard (Spitzbergen).
“Si potrebbe stare una vita in quei luoghi, ma nessuno potrebbe vantarsi di avere conosciuto realmente il Polo”.
Furono queste le parole che mi disse una delle prime persone che cercò di istruirmi sul l’Artico: il prof. Fritz Ojen, presidente del Club Artico Norvegese  e insegnante di glaciologia presso l’ Istituto Polare di Oslo. Mi raccontava, fra le molte cose, che “l’Artico è un posto splendido per imparare la virtù della pazienza”.
Dal professore  appresi che nelle alte latitudini le piante e gli animali, per la loro sopravvivenza, hanno dovuto sviluppare speciali forme di vita, adattandosi a sopportare le basse temperature, la continua  luce estiva e il lungo buio invernale, acquisendo particolari conformazioni.. 
Inoltre, m’insegnò  che la banchisa si   muove spinta dal vento e dalle correnti marine e non  offre la sensazione del movimento : chi si trovasse su un lastrone di ghiaccio non capirebbe di andare alla deriva, perché non c’è sensazione di movimento. Era giunto il momento di andare a vedere quel mondo ancora favoloso un poco più da vicino.
           
UN MONUMENTO ALLA BAIA DEL RE
Dalla Sezione Arma Aeronautica di Adro  (Brescia) dedicata al Maresciallo motorista ATTILIO CARATTI, uno degli scomparsi col dirigibile, avevo ricevuto un ringraziamento per il dono delle rose; la notizia  era apparsa su qualche giornale.
Al presidente della sezione, cav. Giuseppe Cola, feci presente la necessità di preparare un segno duraturo da portare a Ny Alesund. Da quel giorno 8 dicembre 1960, prese vita l’iniziativa chiamata:

UN MONUMENTO ALLA BAIA DEL RE.
Il geniale costruttore fu Aldo Caratti, nipote di Attilio. Otto croci di ferro battuto si ergevano a spirale su una solida base a tronco di piramide. Quattro targhe fra le croci e sulla faccia del basamento la targa con incisa una modesta preghiera.
Due anni dopo, l’8 dicembre 1962, ci fu la presentazione del monumento: la cittadina di Adro era in festa. Si erano dati  convegno famigliari dei Caduti e due superstiti della spedizione, l’ammiraglio Adalberto Mariano e l’ammiraglio Aldo Viglieri; mancavano Nobile e Biagi.
Fu in quell’occasione che il giornalista Cesco Tomaselli scrisse un forte e commovente articolo sul “Corriere della Sera”.
I servizi T.V. non imperavano ancora.
Durante i mesi seguenti uscirono numerosi articoli su riviste scolastiche, settimanali, quotidiani.
Fra l’altro si invitavano gli scolari ad inviare i loro pensieri, quale omaggio ai valorosi dispersi. E furono veramente tanti, inclusi quelli personali dei superstiti Nobile, Viglieri Mariano, Biagi.
Si pensò allora di racchiuderli in un capace cofano impermeabile da collocare dentro il basamento.
Alla base del monumento, nella parte interna, si sarebbero messe, quale ornamento, 20 formelle dei marmi delle 20 regioni italiane.
Il 22 giugno 1963, nel cortile della storica basilica di S. Ambrogio in Milano, ebbe luogo la benedizione ufficiale del monumento, impartita dall’ Abate della basilica Mons. Luigi Oldani.
Si temeva per l’inclemenza del tempo, ma quel 22 giugno iniziò con un sole radioso; e Milano era in festa perché da poche ore il suo Cardinale Giovanni Maria Montini era stato eletto Papa col nome di Paolo VI°.
Dopo la S. Messa celebrata dal cappellano militare dell’Aeronautica Mons. Tosi, ci fu la benedizione. Intorno al monumento eretto nel cortile dello storico tempio, aveva preso posto un picchetto armato dell’Arma Azzurra.
Alla fine, il monumento fu smontato e caricato sul furgone che io avrei guidato per oltre 5.000 chilometri (allora non c’erano facili autostrade) fino al porto di Tromso.
Dopo cinque giorni  di tempestosa navigazione a bordo della piccola e vecchia nave a carbone LINGEN di appena 400 tonnellate, giunsi a Ny Alesund.
Cominciò il lungo e faticoso lavoro per trasportare tutto il materiale: i pezzi del monumento, le formelle di marmo, il cofano dei messaggi, i viveri per tre mesi, le due tendine da campo che sarebbero state la nostra casa, la provvista pericolosa di alcool per il fornelletto ed il vestiario pesante.
Sul Colle degli Esploratori, sul terreno offerto dal Re di  Norvegia OLAV V°, cominciarono i lavori per scavare nel duro terreno ghiacciato da millenni, le fondamenta per porre la base.
Il 14 agosto 1963, alla presenza del Prefetto delle Svalbard in rappresentanza del Re di Norvegia, di un gruppo di minatori, dei componenti di una spedizione scientifica  inglese e di un gruppo di botanici tedeschi del liceo di Amberg, in tutto appena un centinaio di persone, il bellissimo monumento venne inaugurato.   
Fasciato simbolicamente da un lungo nastro tricolore, aveva alla base una corona di fiori freschi, omaggio del Prefetto delle Svalbard. Dopo i saluti in lingua norvegese ed un suo breve discorso, ci fu l’inaugurazione, la lettura delle quattro targhe, una delle quali era dedicata a Roald Amundsen recava incise queste parole:
Con Roald Amundsen si ricordano tutti Coloro che offrirono la vita in sublime olocausto di solidarietà  umana .
Poi in un ultimo appello furono letti i nomi dei Caduti :

RENATO ALESSANDRINI
ETTORE ARDUINO
ATTILIO CARATTI
CALLISTO CIOCCA
UGO  LAGO
FINN  MALMGREEN
VINCENZO POMELLA
ALDO PONTREMOLI

e la recita della semplice preghiera incisa alla base :

Signore delle solitudini, che hai raccolto le estreme invocazioni dei nostri Cari, che conosci il segreto delle loro gelide dimore, proteggi il loro riposo e fa che nessuno dimentichi il Loro sacrificio.

Il giorno dopo, una violenta bufera di neve imbiancò tutta la baia, battezzando il monumento con la prima neve polare.
Dopo 41 anni il monumento è ancora alto e resistente ed è méta dei tanti turisti che comodamente sbarcano da grosse navi.
Pochi sono coloro che ne comprendono il vero messaggio !

Tina Mazzini  Zuccoli

BIOGRAFIA
Tina Mazzini Zuccoli è nata a Imola il 28 giugno 1928.
Già insegnante elementare. Ha compiuto numerose spedizioni scinetifico-naturalistiche nelle Regioni Polari Artiche. Ha compiuto 14 viaggi di studio a Nord del Circolo Polare Artico, di cui 4 nell’Arcipelago delle Isole Spitzbergen, fino all’81° parallelo di latitudine Nord. Ha partecipato alla caccia delle balene, vivendo con i balenieri norvegesi e ha partecipato ad una fase di studio sul censimento degli orsi bianchi e a ricerche botaniche.
Ha pubblicato 13 libri tra cui “I miei amici Lapponi”, “Flora artica” e “Sotto i ghicci del Polo”, ha curato numerosi foto-documentari e ha scritto numersoi articoli di carattere scientifico apparsi su riviste di settore. Vari servizi fotografici sono apparsi dal 1965 al 1969 sulle pagine della prestigiosa Enciclopedia Britannica-New York. Per meriti culturali Le sono stati conferiti numerosi e prestigiosi premi e riconoscimenti tra cui quello di Cavaliere Ufficiale della Repubblica Italiana nell’86, Laurea ad Honorem dell’Univerisità di Modena e di Profilo Donna nel ‘92.

 
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