da Padova parte il progetto che sarà pronto entro il 2025 Promotore e ideatore del nuovo cuore artificiale il prof. Gino Gerosa noto cardiochirurgo del centro Gallucci di Padova
di Cristina Bicciocchi
Da tempo il prof. Gino Gerosa stava studiando la possibilità di creare un cuore artificiale che superasse quelli già in dotazione per migliorarne l'efficienza e ora, grazie ai finanziamenti di un privato, il progetto sarà messo a punto entro un anno.
Che caratteristiche avrà questo nuovo cuore artificiale rispetto a quelli americani e francesi già sperimentati?
L’obiettivo è quello di creare un cuore artificiale che non sia più inteso come ponte al trapianto bensì come sostituto definitivo, alternativo al trapianto stesso. Questo perché in realtà il numero di cuori disponibili per trapianto sono sempre meno. Per poter raggiungere questo risultato dovremo sviluppare un cuore artificiale di dimensioni il più contenute possibili in modo tale che possa essere impiantato nella totalità dei pazienti senza differenza di genere e che presenti eccellenti caratteristiche di biocompatibilità per garantire una adeguata qualità di vita.
Come abbiamo accennato il prototipo sarà pronto a breve grazie a una donazione molto importante che permetterà di vedere i risultati degli studi di questi ultimi anni.
Un segnale forte che mette in evidenza l'importanza dei privati a sostegno della ricerca...
La ricerca ha bisogno di finanziamenti significativi e soprattutto costanti. Ben venga l’impegno del privato se questo può supplire alle carenze di finanziamenti pubblici che vengono purtroppo costantemente ridotti. L’intervento dei privati è necessario e doveroso in un’ottica di economia circolare che voglia ritrasferire alla società civile parte delle revenues ottenute da una azienda in modo da creare un circolo virtuoso.
Possiamo solo immaginare quanto interesse c’è nei confronti di questo progetto tutto italiano e quanto sarà importante divulgarne i risultati in convegni e riviste scientifiche.
Corretto, l’attesa è molta, soprattutto per i pazienti affetti da scompenso cardiaco terminale che ha le caratteristiche ormai di una vera e propria pandemia. Lo scompenso è assimilabile ad un cancro dove le metastasi sono rappresentate dall’insufficienza renale ed epatica che si presentano nelle fasi terminali della malattia quando le possibilità terapeutiche farmacologiche non possono avere più successo nel garantire la sopravvivenza dei pazienti.
Quando potremo auspicare di avere il primo trapianto e in che modo si svilupperà la fruizione del nuovo cuore artificiale?
Con cautela possiamo dire che una finestra temporale di 5 anni possa essere considerata realistica per arrivare alla fase di impiego clinico dopo aver superato i test da banco e la fase sperimentale preclinica nel modello animale.
Sarebbe un risultato eccezionale che darebbe una speranza di vita a tutti quei pazienti in attesa di un trapianto...
In realtà abbiamo un’ambizione maggiore ovvero fornire ai pazienti una ipotesi terapeutica che superi il trapianto cardiaco garantendo non solo la sopravvivenza dei pazienti ma anche garantendo una adeguata qualità di vita, perché siamo in linea con il premio Nobel Rita Levi Montalcini quando diceva che è meglio aggiungere vita ai nostri giorni piuttosto che giorni alla nostra vita.
Come possiamo riassumere il cambiamento della cardiochirurgia dal primo trapianto di cuore del prof. Barnard nel 1967 ad oggi?
Per quanto riguarda il trapianto di cuore sono stati fatti passi da gigante da allora, non solo in termini di evoluzione tecnologica ma anche per quanto attiene ai progressi nelle tecniche chirurgiche, anestesiologiche ed ovviamente farmacologiche. Per la cardiochirurgia, in senso assoluto, si è passati dalla cardiochirurgia tradizionale (che ha trovato avvio nel 1953 quando John Gibbon corresse per la prima volta un difetto cardiaco utilizzando la circolazione extracorporea) alla cardiochirurgia miniinvasiva, ovvero la possibilità di correggere i difetti strutturali cardiaci sempre usando la circolazione extracorporea ma attraverso una miniincisione toracica ed infine la cardiochirurgia microinvasiva (termine coniato proprio a Padova) ovvero la capacità di correggere le alterazioni strutturali cardiache a cuore battente, senza usare la circolazione extracorporea ed evitando di aprire le cavità cardiache.
Un risultato importante ottenuto grazie a medici e ricercatori come Lei che è proprio il caso di dirlo “hanno a cuore” la vita dei propri pazienti!
Grazie per il tempo che ci ha dedicato e buon lavoro!